Se ancora non l'avete visitata, Vi propongo, sempre per Voi della mia zona, una visita alla
"rotonda o meglio dire Chiesa di San Tomè" ad Almenno San Salvatore
che resta ancor oggi un monumento enigmatico in quanto a funzione, anche se non forse in relazione al referente tipologico: la rotonda del Santo Sepolcro a Gerusalemme, con cui condivide la struttura circolare a "doppio guscio" e il matroneo/galleria soprastante la base. Vi potrete poi ristorare all'ombra dei portici dell'antica struttura adiacente oggi adibita a "sportello informativo" , bar e servizi vari.
DA WEB
Indirizzo: Via San Tomè (Fuori dal centro abitato, distinguibile dal contesto) - Almenno San Bartolomeo (BG)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: L'edificio, a pianta circolare, è costituito da tre volumi a forma cilindrica di dimensioni decrescenti verso l'alto. E' concluso da un presbiterio rettangolare con terminazione absidale semicircolare. Il paramento murario, in pietra squadrata, è scandito da semicolonne, lesene e archetti pensili. Lo spazio interno, definito da otto colonne con capitelli, è circondato da un presbiterio coperto da volte a crociera, al quale si sovrappone un matroneo.
Epoca di costruzione: prima metà sec. XII
Descrizione
La celebre rotonda nella plaga di Almenno resta ancor oggi un monumento enigmatico in quanto a funzione, anche se non forse in relazione al referente tipologico: la rotonda del Santo Sepolcro a Gerusalemme, con cui condivide la struttura circolare a "doppio guscio" e il matroneo/galleria soprastante l'ambulacro. Anche il numero dei sostegni inferiori potrebbe riferirsi agli 8 pilastri di Gerusalemme, disposti a coppie secondo uno schema acroce. È noto che la relativa analogia di San Tomè con il San Lorenzo di Mantova è dovuta sia al fatto che i restauratori di questa rotonda assunsero San Tomè come "parametro", sia al fatto di essere similmente un'emanazione del "tipo" gerosolimitano. Del tutto priva di dimostrazione, e probabilmente anche di fondamento, è l'idea che l'edificio sia stato preceduto da una rotonda del IX secolo, sulla base di presunti capitelli altomedievali di reimpiego - in realtà romanici - al piano terra. La fondazione del nucleo interno è inoltre soltanto l'anello basamentale delle colonne (non la fondazione di una chiesa anteriore).
La struttura è costituita da un nucleo centrale circondato da ambulacro su due livelli, da cui si protende a est un "coro" profondo. Questo è coevo alla chiesa, come dimostra il fatto che gli archetti intrecciati esterni si ritrovino su un capitello interno, e il fatto che alcuni conci del paramento esterno si trovino a cavallo dell'angolo fra rotonda e presbiterio. Non ha fondamento la convinzione che il cantiere si sia protratto fino alla fine del XII secolo. Più semplicemente la profonda cappella absidale è stata valorizzata con elementi decorativi distintivi (archetti intrecciati, doppia cornice a mensolette o peducci), ma le semicolonne absidali e le tre monofore a rincassi multipli sono analoghe a quelle della rotonda, in cui si trovano anche le mensolette. Si veda anche l'inserto "coloristico" della cornice di piccole losanghe in cotto fra le due cornici di beccatelli absidali, e in basso due attacchi di lesene poi non continuate (quasi dei "pentimenti").
Al piano alto corrisponde al "coro" un'absidiola in spessore di muro. La costruzione è interamente in pietre arenarie locali (da cave presso il vicino fiume Tornago o presso il Brembo), ben tagliate, anche se di formati diversificati. Alla parete sud del coro si ammorsa un tratto di muro, che assieme a una seconda parete ammorsata al fianco della rotonda doveva definire un ambiente verso la domus, interpretato come sagrestia. Il lato sud-est di questo vano era curvilineo e costituiva l'inizio di una sorta di anello-recinto circolare concentrico alla rotonda (a 330 cm da essa), che definiva uno spazio di pertinenza di uso cimiteriale.
In corrispondenza dell'ingresso ovest alla rotonda il muro aveva un accesso assai risaltato. L'esterno della rotonda è circondato da 16 lesene semicircolari, cui fanno eco lesene piatte sulla superficie del tamburo. Le lesene non hanno ovviamente funzione statica e già il de Dartein notava che la spinta della cupola è rinfiancata dalle volte dell'ambulacro, e queste lo sono grazie al rilevante spessore del muro di perimetro. I legami col Santo Sepolcro si conclamano non solo per l'ambulacro su due livelli, ma anche per la simbologia dell'8 (numero delle colonne a ogni piano).
Due croci nel tamburo (alternate a oculi) illuminano l'interno in equinozio e solstizio. È stato inoltre calcolato che l'orientazione della rotonda coincide con l'asse della levata solare del 3 luglio, giorno della festa della traslazione di san Tommaso.
L'ambulacro è coperto, ad ambedue i piani, con volte a crociera costruite su archi trasversali e archi incastrati parietali, impostati su semicolonne e paraste perimetrali. Gli archi fra nucleo centrale e ambulacro sono rialzati al piano terra e ribassati al livello della galleria (illuminata da tre monofore). Questi ultimi sono "raddoppiati" da soprastanti archi di scarico inseriti nella muratura.
All'interno della rotonda esistono capitelli figurati.
Notizie storiche
Esistevano altri ottagoni (semplici) dotati di una cappella absidale nell'Europa medioevale. È significativo che queste chiese, siano ipotizzate come emanazione di ordini cavalleresco/assistenziali, senza che ne sia rimasta documentazione diretta. La possibilità che anche San Tomè sia di origine templare o di un ordine militare e/o ospedaliero affine non è poi così remota. L'alto muro circolare che la circondava formando un cortile chiuso di uso funerario ricorda l'ottagono spagnolo (di poco posteriore) di Santa Maria di Eunate (Navarra), circondata da un porticato e probabilmente collegata agli Ospedalieri (Giovanniti); si collega invece ai Templari (sette chiese inglesi, Parigi, Laon, Tomar in Portogallo) il referente architettonico del Santo Sepolcro, ma anche ai Giovanniti.
L'ipotesi che si tratti della chiesa di un ospedale (Piva 2000), potrebbe essere forse aggiornata con la proposta di un ospizio/ospedale annesso a un insediamento religioso.
Comunque ciò non esclude che un ordine canonicale potesse avere una cella in Almenno, con annesso xenodochium. A Bergamo sono documentati, ad esempio, un "collegio dei Crociati" e una domus Templi (Templari), citati in un testamento (Girardo Moizoni) del 1160 oppure 1185, che prevede anche un lascito per San Tomè.
Nulla tuttavia esclude che in precedenza il monastero fosse di altra natura e solo in seguito fosse occupato da monache, sebbene siano note anche chiese centralizzate in contesto di monasteri femminili (Ottmarsheim). È frequente nel XII secolo il caso di rapidi passaggi di proprietà di insediamenti religiosi. San Tomè esisteva comunque già nel 1180, se non addirittura nel 1160 (ma è incerta la data del testamento Moizoni). La sua cronologia non è molto anteriore: 1150-1180 circa.
All'interno della rotonda esistono capitelli figurati con storie vetero-testamentarie tratte dal libro di Tobia. Ma per quale motivo saranno stati selezionati nei capitelli di San Tomè solo questi personaggi vetero-testamentari dal libro di Tobia? Raffaele significa in ebraico "Dio ha guarito" ed è venerato come guaritore ed esorcista (Gombrich 1978; Schmidt 1988, p. 154), ma anche come angelo protettore di pellegrini e viandanti (accompagna il giovane Tobia nel suo difficile cammino, gli insegna a estrarre dal fiele, cuore e fegato di un pesce il medicinale che guarirà il padre cieco, scaccia il demone). Ci si chiede se i personaggi con lancia e pugnale dei due portali non alludano anche alle ferite e a una funzione ospedaliera e funeraria (Raffaele è presente anche nella liturgia dei morti come angelo di salvezza). È dunque legittimo trarre ulteriore conferma all'ipotesi che San Tomè fosse la chiesa di un insediamento religioso con caratterizzazione ospedaliera, e fosse dunque aperta a pellegrini e viandanti.
Ma il libro di Tobia è anche quello dei pericoli del viaggio, dell'elemosina, dell'amor paterno/materno e filiale, e tutto questo sarebbe perfettamente in sintonia con un insediamento ospedaliero.
È da accogliere anche l'ipotesi della Buonincontri che a una prima maestranza operante ai portali secondo un "idioma locale" si sia avvicendata una seconda maestranza per i ben altrimenti colti capitelli figurati del piano matroneo, naturalmente il tutto in un tempo ristretto. Probabilmente lo iato qualitativo fu voluto dai committenti: il por-tale ovest si rivolgeva al populus in una sorta di sermo vulgaris, mentre la galleria era destinata al nucleo monastico. La stessa studiosa ha infine osservato come la seconda maestranza fosse al corrente delle scelte stilistiche di Santa Maria Maggiore a Bergamo ma le superasse in un nuovo linguaggio più sciolto, trenta-quarant'anni dopo.
foto di Carla Colombo copyright