ANDAR PER MOSTRE... e non mi stanco di far avvicinare tutti all'Arte.
14 dicembre 2023
Il Beato Angelico a Milano, Museo Diocesano
29 agosto 2020
#introbio #villamigliavacca #lacascatadeltroggia #leonardodavinci
Un'altra bella cittadina da visitare in Valsassina è INTROBIO che dista pochissimi chilometri dal precedente borgo di Pasturo.
Oltre ad essere crocevia di numerosi sentieri che portano ai vari rifugi, si può visitare la splendida VILLA MIGLIAVACCA, ORA SEDE COMUNALE.
Personalmente non ho mai visto nella mia zona una sede comunale così particolarmente attraente
Dal sito del comune di Introbio
Tra le Ville di vacanza che punteggiano la Valsassina Villa Migliavacca o Clementina (dal nome della moglie di Antonio Migliavacca, Clementina Ravasio), occupa senz'altro un posto di prim'ordine. Costruita tra il 1911 ed il 1914, fu progettata dall'architetto Ulderico Bottoli di Milano che riprese, secondo il gusto rievocativo dell'epoca, lo stile del Quattrocento milanese, il cui riferimento più immediato rimanda al Castello Sforzesco di Milano.L'edificio, ubicato oggi al centro del paese, non passa inosservato all'interno dell'abitato per il suo straordinario aspetto formale in cui si mescolano armonicamente elementi del Rinascimento e del Medioevo, per la maestosa struttura che lo fa rassomigliare ad un vero e proprio castello medievale e per la sua incantevole posizione panoramica al centro di un bellissimo giardino. Il volume dell'edificio è essenzialmente unitario, arricchito da apparati decorativi a graffito con motivi prevalentemente geometrici e lineari da facciate caratterizzate dal largo uso del mattone, filo conduttore che lega la villa, la scalinata coperta e l'alto muro di cinta, creando molteplici effetti grazie alle numerose disposizioni diverse dei corsi, alternati ora all'intonaco ora ad altri mattoni. la genesi di questa Villa in Valsassina è ben sintetizzata in una inedita poesia, battuta a macchina e incollata sul retro di un quadro che incornicia un altrettanto inedito disegno della villa firmato dall'arch. Bottoli. A comporla fu Rico (= Enrico) Migliavacca fratello di Antonio, il 7 dicembre 1912, quando fervevano ancora i lavori di costruzione.
La Grigna in fronte maestosa e ferma
sul verde pian, dai monti circondata
sorge la Casa che l'amore afferma
di nostra stirpe a tutta la Vallata.
D'Antonio l'ideò l'alma legata
al suolo che ci accolse ancor piccini;
al ricordo dei cari che han passata§
lieta ora quassù a noi vicini.
L'eresse l'arte ardita d'una mente
che volle i propri affetti ai nostri uniti,
ricordati quassù eternamente.
Rico Migliavacca
Introbio 7 Dicembre 1912
Molto caratteristico ad Introbio il monumento ai caduti.
L' Iscrizione sormontata da aquila in bronzo: riporta INTROBIO / AI SUOI FIGLI / MORTI PER LA PATRIA / 1915-1918 / 1940-1945.
Le due lapidi con i nominativi dei caduti della Grande Guerra furono addossate sulla parete destra lasciando quella opposta alle due dei caduti del secondo conflitto mondiale.Ad Introbio si trova il sentiero per ammirare dall'alto la CASCATA DEL TROGGIA
Purtroppo non ci è stato possibile percorrere l'intero sentiero, perché ad un certo punto è chiuso da cancelli su ordinanza del sindaco per dissesto ecologico. Ci siamo limitati a vederla la lontano
foto di Carla Colombo
28 agosto 2020
#pasturo #antoniapozzi #poesia
Sul percorso della poetessa milanese Antonia Pozzi, morta suicida a 26 anni.
È sepolta a Pasturo piccolo borgo della Valsassina Lc, dove trovava rifugio con I suoi versi fra le montagne della Valsassina.
Il Cristo in bronzo erge nel piccolo cimitero ai piedi dei monti e la villa di famiglia,conserva una targa a ricordo.
Inoltre lungo le vie di Pasturo è stato creato un percorso poetico con pannelli e foto dell'epoca della stessa Antonia Pozzi.
Un piccolo paese raccolto ed accogliente che conserva tacitamente I versi della Pozzi a ricordarla nella sua breve vita.
da WIKIPEDIA
Figlia di Roberto Pozzi, importante avvocato milanese, e della contessa Lina Cavagna Sangiuliani, nipote di Tommaso Grossi,[1] Antonia scrive le prime poesie ancora adolescente. Studia nel liceo classico Manzoni di Milano, dove intreccia con il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi, una relazione che verrà interrotta nel 1933 a causa delle forti ingerenze da parte dei suoi genitori.
Nel 1930 si iscrive alla facoltà di filologia dell'Università statale di Milano, frequentando coetanei quali Vittorio Sereni, suo amico fraterno, Enzo Paci, Luciano Anceschi, Remo Cantoni, e segue le lezioni del germanista Vincenzo Errante e del docente di estetica Antonio Banfi, forse il più aperto e moderno docente universitario italiano del tempo, col quale si laurea nel 1935 discutendo una tesi su Gustave Flaubert.
Tiene un diario e scrive lettere che manifestano i suoi molteplici interessi culturali, coltiva la fotografia, ama le lunghe escursioni in bicicletta, progetta un romanzo storico sulla Lombardia, studia tedesco, francese e inglese viaggia, pur brevemente, oltre che in Italia, in Francia, Austria, Germania e Inghilterra, ma il suo luogo prediletto è la settecentesca villa di famiglia, a Pasturo, ai piedi delle Grigne, nella provincia di Lecco, dove si trova la sua biblioteca e dove studia, scrive a contatto con la natura solitaria e severa della montagna. Di questi luoghi si trovano descrizioni, sfondi ed echi espliciti nelle sue poesie; mai invece descrizioni degli eleganti ambienti milanesi, che pure conosceva bene.
La grande italianista Maria Corti, che la conobbe all'università, disse che «il suo spirito faceva pensare a quelle piante di montagna che possono espandersi solo ai margini dei crepacci, sull'orlo degli abissi. Era un'ipersensibile, dalla dolce angoscia creativa, ma insieme una donna dal carattere forte e con una bella intelligenza filosofica; fu forse preda innocente di una paranoica censura paterna su vita e poesie. Senza dubbio fu in crisi con il chiuso ambiente religioso familiare. La terra lombarda amatissima, la natura di piante e fiumi la consolava certo più dei suoi simili».
Avvertiva certamente il cupo clima politico italiano ed europeo: le leggi razziali del 1938 colpirono alcuni dei suoi amici più cari: «forse l'età delle parole è finita per sempre», scrisse quell'anno a Sereni.
A soli ventisei anni si tolse la vita mediante barbiturici in una sera di dicembre del 1938, nel prato antistante all'abbazia di Chiaravalle: nel suo biglietto di addio ai genitori parlò di «disperazione mortale»; la famiglia negò la circostanza «scandalosa» del suicidio, attribuendo la morte a polmonite. Il testamento della Pozzi fu distrutto dal padre, che manipolò anche le sue poesie, scritte su quaderni e allora ancora tutte inedite.
È sepolta nel piccolo cimitero di Pasturo: il monumento funebre, un Cristo in bronzo, è opera dello scultore Giannino Castiglioni. Il comune di Milano le ha intitolato una via.
Nelle stanze larianedi Antonia Pozzi
v.fisogni
foto di Carla Colombo
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https://www.poesiedautore.it/antonia-pozzi/amore-di-lontananza