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25 aprile 2012

Arnaldo Beretta (il mio maestro) mi ha lasciata


Non amo molto raccontare  dei miei affetti e della mia vita privata in questo spazio ma di solito anche  in generale, forse dovuto  ad  una innata riservatezza e difficoltà ad esporre e manifestare le mie emozioni affettive (reminiscenze adolescenziali  e culturali?) , ma in questo caso è doveroso e mi sento di scrivere di una persona a me molto cara e che mi ha ridato, credo, in modo particolare, la luce in pittura
_____
Breve cronaca di un addio:
Mattino del 24 aprile ore 09.00 sento le campane " a morte " che è l'annuncio tradizionale di quando in paese qualcuno ci lascia.
Poichè  so che il mio maestro Arnaldo Beretta (così mi piace chiamarlo che a più di 80 anni ho avuto modo di conoscere ) non sta bene, il mesto rintocco  mi riporta a Lui. 
Ore 9,10 il telefono squilla :
"Carla, il nonno è morto!"
Proprio così, con queste poche parole Elena, la figlia, mi annuncia che il maestro ci ha (mi ha) lasciato.
-
Chi mi segue da tempo, ricorderà senz'altro che  l'anno scorso il 2 gennaio  abbiamo festeggiato i Suoi 100 anni. 
Non aggiungo nulla, (so che si dirà..beato lui, e chi ci arriva? ecc. ecc.) ma come sempre, quando succede, ed il legame che unisce è un affetto sincero, non c'è età per non lasciare una parte di cuore .
Desidero ancora una volta, l'ultima,  rendergli  con  tutto il cuore ciò che lui mi ha regalato e ricordarlo ancora  ammirando con Voi la Sua pittura, scendendo anche nei post più vecchi.
http://lavostraarte.blogspot.it/search/label/Arnaldo%20Beretta


nello studio del maestro . anno 1996 -

alla festa dei suoi 100 anni . - 2 gennaio 2011


Saluteremo il maestro ARNALDO BERETTA 
giovedì 26 aprile alle ore 10.00 
 PARROCCHIA SS. MARCELLINO E PIETRO
  IMBERSAGO-SABBIONE


ciao maestro...
mi accompagnerai sempre nella luce dei miei dipinti. 



ARNALDO BERETTA
Pittore 
2 GENNAIO 1911
24 APRILE 2012 


http://www.merateonline.it/articolo.php?idd=20156

18 marzo 2010

mostra " GIORGIONE " - MUSEO CASA GIORGIONE

DAL 12.12.2009
AL 11.04.2010

presso il museo casa GIORGIONE
a Castelfranco Veneto

G I O R G I O N E
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nessun destino di poeta comparabile al suo, in terra.
Tutto, o quasi, di lui s'ingnora; e taluno giunge a negare la sua esistenza.
Il suo nome non è scritto in alcuna opera; e taluno non gli riconosce alcuna opera certa.
Pure, tutta l'arte veneziana sembra infiammata dalla sua rivelazione...
Gabriele D'Annunzio (il fuoco) 1898
Biografia di Giorgione

(1477 ca - 1510)
Poco o nulla si sa della vita di Giorgione, primo grande pittore veneto del Cinquecento.

Le date di nascita e di morte vengono tramandate dal Vasari, il quale descrive nelle sue "Vite" l'uomo, l'artista ed alcune caratteristiche della sua opera. Seppure sia incerto dove il Vasari avesse preso le informazioni sulla vita del misterioso pittore, la data di nascita, il 1477, sembra verosimile. Essa corrisponde, infatti, al periodo in cui Giorgione presumibilmente lavora a Venezia, nella compagine culturale di fine '400.

Nulla si sa del suo cognome: egli è conosciuto solo come Giorgio, in veneto Zorzo o Zorzi, da Castelfranco Veneto, luogo di nascita. Pare che l'accrescitivo del nome, Giorgione, gli venga attribuito dal Vasari "dalle fattezze della persona e dalla grandezza dell'animo". Lo storico parla dell'artista come "nato d'umilissima stirpe", fatto che pare essere smentito da Carlo Ridolfi ne "La Maraviglia dell'arte" (1648), ove si scrive che "Giorgione nascesse in Vedelago d'una delle più comode famiglie del contado, di Padre facoltoso".

Certo è che il pittore trascorre una vita agiata, frequentando circoli nobiliari, allegre brigate, molte belle donne. E' celebre in vita, adorato dai collezionisti d'arte, protetto dalle famiglie veneziane dei Contarini, Vendramin, Marcello, che acquistano le sue opere e le ammirano nel segreto dei propri salotti. E' questa una delle motivazioni principali della scarsità di notizie sull'artista e anche della difficoltà di attribuzione per lunghissimo tempo da parte storici dell'arte.



HO VISITATO CON MOLTO INTERESSE LA MOSTRA
E DESIDERO SCRIVERE SU DI ESSA.
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un territorio ricco quellod Castelfranco ricco di arte e cultura dove, in un raggio di pochi chilometri - in quello che si può definire un vero "trinagolo d'oro - si possono ammirare le opere di tre grandi maestri della scultura, dell'architettura e della pittura : PALLADIO, CANOVA, E GIORGIONE.
A Castelfranco Veneto si trovano le due opere fondamentali dell'eredità del Giorgione :

LA PALA  conservata nel Duomo ;

(vi consiglio di curiosare in internet...sulle anomalie di questa opera ; la prospettiva, lo sfondo, gli occhi dei protagonisti non diretti al fruitore, i gradini che si appoggiano sul prato del verde... ecc ecc...forse tanti errori voluti??? )

e la casa quattrocentesca che ha ospitato il suo pensiero ed il suo lavoro, diventato ora, dopo un accurato restauroè diventato  il Museo Casa Giorgione. (sopra postata)

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UNA MOSTRA SENZA UGUALI

(così viene definita sul deplian di promozione)

A Castelfranco rivive lo spirito di Giorgione
A 500 anni dalla sua morte, la città natale dedica all'affascinante pittore un eccezionale evento espositivo, capace di riunire un nucleo incredibile di capolavori del Maestro, morto giovanissimo a poco più di 34 anni ( peste-o forse di sifilide!?)
18 dipinti attribuiti dalla critica al grande GIORGIONE, più della metà del lavori generalmente ricondotti a lui, giungeranno a Castelfranco Veneto nell'occasione -
dalla

TEMPESTA



giunta dalle GALLERIE DELL'ACCADEMIA DI VENEZIA

alle

TRE ETA'



DA PALAZZO PITTI

DAL

TRAMONTO



DELLA NATIONAL GALLERY DI LONDRA

ALLA

MADONNA COL BAMBINO

 

DELL'ERMITAGE .

affiancati in un percorso espositivo emozionante, a oltre 100 opere dei maggiori artisti del tempo come Bellini, Durer, Perugino, Cima da Conegiano, Sebastiano del Piombo, Tiziano e Raffaello.

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in questo contesto non è esposta l'opera stupenda
ma così tanto misteriosa sulla sua realizzazione
della

VENERE DI DESDRA

poichè la richiesta per il prestito è stato altissimo ed il comune di Castelfranco
 non è stato in grado di affrontare l'enorme spesa.

Sono riuscita a fotografare un falso
esposto presso la
STUPENDA VILLA PATRIZIA
CA' MARCELLO
della quale Vi parlerò più avanti.







La Venere dormiente, nota anche come Venere di Dresda, è un dipinto ad olio su tela di Giorgione, uno dei maestri del Rinascimento italiano. È generalmente accettata la teoria secondo cui il paesaggio e il cielo sono opera di Tiziano, che li completò dopo la morte di Giorgione nel 1510, come per primo scrisse Vasari[1]. Si trova presso la Gemäldgalerie di Dresda.
Il dipinto, uno degli ultimi lavori di Giorgione, ritrae una donna nuda il cui profilo sembra seguire quello delle colline sullo sfondo. Giorgione si impegnò molto nella realizzazione dei dettagli sullo sfondo e delle ombre. La scelta come soggetto di una donna svestita segnò una rivoluzione nell'arte, ed è considerata da molti critici uno dei punti d'inizio dell'arte moderna. Il quadro rimase incompiuto alla morte di Giorgione: il paesaggio e il cielo furono terminati da Tiziano, che in seguito dipinse la simile "Venere di Urbino". Sottili implicazioni erotiche si trovano nel braccio alzato di Venere e nel posizionamento della sua mano sinistra sul suo inguine. Le lenzuola sono dipinte in argento, un colore freddo che Giorgione preferì alle tonalità calde comunemente usate per i tessuti; sembrano inoltre rigide, se paragonate a quelle dipinte in opere simili di Tiziano o Velázquez. Il paesaggio è in armonia con le curve del corpo della donna, il quale instaura una relazione ancor più forte con ciò che lo circonda, divenendo oggetto organico e naturale.



qualche immagine di Castelfranco


un quartiere


il duomo

Palazzo comunale di fronte al Duomo





parte delle mura di cinta- il castello


interni del teatro al museo Giorgione




Inutile dirVi che per chi ne ha la possibilità è consigliabile senz'altro visitare la mostra.
Castelfranco inoltre offre la possibilità di passare una giornata in serenità, essendo una cittadina a misura d'uomo. Si passeggia nel verde adiacente al castello, e per i buongustai si "mangia pure ottimamente".Non dimenchiamoci che è la patria del radicchio e dell'asparago bianco, quindi  i primi sono spesso a base di questi ortaggi. (io ho assaggiato : Maccaroni follenghiani alla Trevigiana + risotto alle erbette primaverili). Spalla di vitello con aparagi e patate al forno, Golosessi castellani - scritto tutto così, non sono errori di battitura - Cabernet Sauvignon + Verduzzo Passito per il dolce)  .
Tutto questo al ristorante TEATRO, proprio di fronte al teatro-museo , vicinissimo dunque alla mostra ed alla piazza principale del Duomo.

(1477 ca

9 marzo 2010

ARTEMISIA GENTILESCHI = la passione estrema

Il giorno dopo la festa della donna
desidero occupare questo spazio inserendo la mitica,la grande, la famosa pittrice

 ARTEMISIA GENTILESCHI 

due parole che l'accompagnano

"PASSIONE ESTREMA"!


Biografia
Nacque a Roma l'8 luglio 1593, primogenita del pittore toscano Orazio Gentileschi, esponente di primo piano del caravaggismo romano, e di Prudenzia Montone, che morì prematuramente[1]. Presso la bottega paterna, assieme ai fratelli, ma dimostrando rispetto ad essi maggiore talento, Artemisia ebbe il suo apprendistato artistico, imparando il disegno, il modo di impastare i colori e di dar lucentezza ai dipinti, come sappiamo dalla testimonianza di un apprendista di Orazio, Niccolò Bedino, che al processo per lo stupro di Artemisia testimoniò che la ragazza aveva dimostrato queste abilità già nel 1609, pur non dipingendo ancora, ma limitandosi a disegnare bozze per la Sala del Concistoro nel Palazzo del Quirinale). Dal processo emerse anche che i primi esercizi di pittura della giovane ebbero per soggetto l'amica Tuzia e il figlio[1]. Tuzia, vicina di casa dei Gentileschi, aveva cominciato la (autoritratto a sinistra) loro frequentazione agli inizi del 1611; il pittore un giorno l'aveva trovata in casa propria ad intrattenere la figlia e, compiaciuto di questa compagnia femminile, l'aveva invitata con la sua famiglia ad abitare insieme, al secondo piano della sua casa in via della Croce[2]. Da quel momento Tuzia divenne inquilina di Gentileschi e compagnia di Artemisia.[3].

Artemisia mostrò quindi ben presto un talento precoce, che venne nutrito dallo stimolante ambiente romano[1] e dal fermento artistico che gravitava intorno alla sua casa, frequentata assiduamente da altri pittori, amici e colleghi del padre[4] (Artemisia fu battezzata da un altro pittore, Pietro Rinaldi, e così i suoi fratelli da altre personalità artistiche di spicco del tempo). A Roma vi era un concentramento di relazioni tra artisti: Artemisia crebbe in un quartiere popolato da pittori e artigiani e il suo ambiente naturale era legato all’arte: tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento Caravaggio lavorava a Basilica di Santa Maria del Popolo e nella Chiesa di San Luigi dei Francesi, Guido Reni e Domenichino gestivano il cantiere a S.Gregorio Magno, i Carracci terminavano gli affreschi della Galleria Farnese[5]. Poiché lo stile del padre, in quegli anni, si riferiva esplicitamente all'arte del Caravaggio (con cui Orazio ebbe rapporti di familiarità), anche gli esordi artistici di Artemisia si collocano, per molti versi, sulla scia del pittore lombardo[6]. Probabilmente Artemisia conobbe personalmente Caravaggio, che usava prendere in prestito strumenti dalla bottega di Orazio (tanto che Orazio fu coinvolto nelle accuse di diffamazione fatte a Caravaggio dal pittore Giovanni Baglione)[7].

L'influenza del Merisi venne mitigata dall'altrettanta forte influenza del padre: l'apprendistato presso Orazio rappresentò per Artemisia, pittrice donna, l'unico modo per esercitare l'arte, essendole precluse le scuole di formazione[7]: alle donne veniva negato l'accesso alla sfera del lavoro e la possibilità di crearsi un proprio ruolo sociale. Una donna non poteva realizzarsi puramente come lavoratrice, ma doveva perlomeno sostenersi col proprio status familiare; il lavoro femminile non era riconosciuto alla luce del sole, ma si realizzava perlopiù "clandestinamente", come dimostrano i registri delle tasse e i censimenti[8].

La prima opera attribuita alla diciassettenne Artemisia (sia pur sospettando aiuti da parte del padre, determinato a far conoscere le sue precoci doti artistiche) è la Susanna e i vecchioni (1610), oggi nella collezione Schönborn a Pommersfelden. La tela lascia intravedere come, sotto la guida paterna, Artemisia, oltre ad assimilare il realismo del Caravaggio, non sia indifferente al linguaggio della scuola bolognese, che aveva preso le mosse da Annibale Carracci.

La lettera indirizzata alla granduchessa di Toscana Cristina di Lorena da Orazio il 6 luglio 1612 è una prova dell'impegno che il pittore impiegò per promuovere l'attività della figlia[9]; nella lettera Artemisia è descritta con parole di elogio: Orazio afferma che in tre anni ella aveva raggiunto una competenza equiparabile a quella di artisti maturi[10][11]:

« questa femina, come è piaciuto a Dio, havendola drizzata
nelle professione della pittura in tre anni si è talmente appraticata che posso adir de dire che hoggi non ci sia pare a lei, havendo per sin adesso fatte opere che forse i
principali maestri di questa professione non arrivano al suo sapere. »

Per la critica è stato impossibile non associare la pressione esercitata dai due vecchioni su Susanna al complesso rapporto di Artemisia con il padre e con Agostino Tassi, il pittore che nel maggio 1611 la stuprò: tra l'altro, uno dei due Vecchioni è particolarmente giovane e presenta una barba nera come quella che, secondo alcune fonti, sembra avesse Tassi (ma la sorellastra di lui, Donna Olimpia, ad un altro processo intentatogli contro lo descrisse "piccolotto, grassotto et di poca barba"); l'altro Vecchione ha fattezze simili a quelle ritratte da Anthony Van Dyck in un'incisione raffigurante Orazio Gentileschi. In molti hanno pensato che Artemisia avesse volutamente retrodatato il quadro al 1610 per alludere, attraverso esso, all'inizio dell'oppressione subita da figure troppe ingombranti per la sua esistenza di donna e di pittrice. Durante il processo, Tassi affermò che Artemisia si era spesso lamentata con lui della morbosità del padre, svelandogli che egli la trattava come fosse sua moglie[12]. La datazione dell'opera in passato è risultata controversa anche a causa di fonti discordanti sulla data di nascita di Artemisia: si è scoperto recentemente che Orazio, per impietosire il giudice al processo, mentì sull'età di Artemisia al momento della violenza, attribuendole appena quindici anni (e collocandone la nascita, quindi, nel 1597)[13].
tempo dello stupro, Agostino Tassi, maestro di prospettiva, era impegnato, assieme ad Orazio Gentileschi, nella decorazione a fresco delle volte del Casino della Rose nel Palazzo Pallavicini Rospigliosi a Roma[14].Tra le muse e i musicanti raffigurati nella loggetta sembra esserci un personaggio contemporaneo, da molti critici identificato proprio con la giovane Artemisia, quasi a volerne suggellare il debutto artistico[15].

Era frequente che Agostino si trattenesse nella dimora dei Gentileschi dopo il lavoro; secondo alcune fonti, fu lo stesso Orazio a introdurlo ad Artemisia, chiedendo ad Agostino di iniziarla allo studio della prospettiva[1]

Il padre denunciò il Tassi che dopo la violenza, non aveva potuto "rimediare" con un matrimonio riparatore. Il problema è che il pittore era già sposato (e nel frattempo manteneva anche una relazione incestuosa con la sorella della moglie). Del processo che ne seguì è rimasta esauriente testimonianza documentale, che colpisce per la crudezza del resoconto di Artemisia e per i metodi inquisitori del tribunale. Gli atti del processo (conclusosi con una lieve condanna del Tassi) hanno avuto grande influenza sulla lettura in chiave femminista, data nella seconda metà del XX secolo, alla figura di Artemisia Gentileschi[16]. È da sottolineare il fatto che Artemisia accettò di deporre le accuse sotto tortura, che consistette nello schiacciamento dei pollici attraverso uno strumento usato ampiamente all'epoca. Una lettura del processo basata sul concetto di stuprum inteso come nella normativa del Seicento si intendeva, e dunque come deflorazione di donna vergine o come rapporto sessuale dietro promessa di matrimonio non mantenuta, è il risultato degli studi più recenti[17].


autoritratto (come martire)
Questa la testimonianza di Artemisia al processo, secondo le cronache dell'epoca:

« Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò su la sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio fra le cosce ch'io non potessi serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l'altra mano mi le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne »

Una  tela, che raffigura Giuditta che decapita Oloferne (1612-13), conservata al Museo Capodimonte di Napoli, impressionante per la violenza della scena che raffigura, è stata interpretata in chiave psicologica e psicanalitica, come desiderio di rivalsa rispetto alla violenza subita.

Dopo la conclusione del processo, Orazio combinò per Artemisia un matrimonio con Pierantonio Stiattesi, modesto artista fiorentino, che servì a restituire ad Artemisia, violentata, ingannata e denigrata dal Tassi, uno status di sufficiente "onorabilità". La cerimonia si tenne il 29 novembre 1612.

Poco dopo la coppia si trasferì a Firenze, dove ebbe quattro figli, di cui la sola figlia Prudenzia visse sufficientemente a lungo da seguire la madre nel ritorno a Roma poi a Napoli. L'abbandono di Roma fu quasi obbligato: la pittrice aveva ormai perso il favore acquisito e i riconoscimenti ottenuti da altri artisti, messa in ombra dallo scandalo suscitato, che fece fatica a far dimenticare (come dimostrano anche gli epitaffi crudelmente ironici alla sua morte).

Tutto ma veramente tutto...:
http://it.wikipedia.org/wiki/Artemisia_Gentileschi#Bibliografia

Giuditta e le sue ancelle
Danae

Artemisia Gentileschi (Roma 1593 - Napoli 1652/53)

...Ammiro la tua bellezza, e sono sotto di essa...

È qui la forza dei quadri della Gentileschi: nel capovolgimento brusco dei ruoli.
Una nuova ideologia vi si sovrappone, che noi moderni leggiamo chiaramente: la rivendicazione femminile." Roland BarthesArtemisia Gentileschi è una delle poche protagoniste femminili della Storia dell'arte europea. Ma è anche la protagonista di una torbida vicenda a tinte fosche o, per meglio dire, "caravaggesche", infarcita di elementi sentimentali, erotici, patetici e fantastici, in una brillante fusione romanzesca, insomma Artemisia è la protagonista ideale del romanzo ideale (e infatti svariati romanzi si sono ispirati alla sua vita).
Certamente la carriera artistica (come qualsiasi altra carriera) è sempre stata pressoché impraticabile per le donne, costrette nei limiti che la società imponeva loro, limiti di natura culturale (assenza pressoché totale di una preparazione scolastica) e familiare (nelle famiglie patriarcali la donna era preposta all'accudimento di tutti i suoi numerosi elementi).
Artemisia Gentileschi, che ebbe modo di fare fruttare il suo talento, è stata una delle poche donne "sfuggite" tra le maglie di questo rigidissimo sistema sociale, tuttavia la sua sofferta vicenda privata si è spesso sovrapposta a quella di pittrice generando molte ambiguità.
Negli anni Settanta la sua popolarità ha raggiunto il vertice soprattutto per via della vicenda che la vide accusare il suo violentatore (al punto da sottoporsi allo schiacciamento dei pollici per confermare l'attendibilità delle sue accuse, cosa che per lei, pittrice, non dovette essere solo un dolore fisico). Artemisia è divenuta così il simbolo del femminismo e del desiderio di ribellarsi al potere maschile: tuttavia questo fatto le fece un grande torto: l'avere spostato l'attenzione (ed averle attribuito un particolare successo) sulla vicenda dello stupro, mettendo in ombra i suoi meriti professionali, ormai ampiamente riconosciuti dalla critica, a partire da Roberto Longhi e dal suo pionieristico articolo del 1916 Gentileschi padre e figlia.
A volte questa lettura "a senso unico" della pittrice ha creato giusti malumori: per Camille Paglia, a volte Artemisia è diventata un'etichetta da utilizzare anacronisticamente per avanzare rivendicazioni infarcite di retorica femminista.
Negli anni Settanta la Gentileschi divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale: associazioni e cooperative le si intitolarono - a Berlino l'albergo "Artemisia" accoglieva esclusivamente la clientela femminile - riconoscendo in essa una figura culto, sia come rappresentante del diritto all'identificazione col proprio lavoro, sia come paradigma della sofferenza, dell'affermazione e dell'indipendenza della donna.
Per la nota polemista e leader del movimento femminista internazionale Germaine Greer Artemisia Gentileschi fu la grande pittrice della guerra tra i sessi, affermazione, di fatto, estremamente riduttiva: un pittore con tanto talento come la Gentileschi non può limitarsi a un messaggio ideologico.












11 gennaio 2010

GRANDI MAESTRI ARTISTI : AMEDEO MODIGLIANI


“L’arte del disegno non deve perire,
la sua fine significherebbe la fine dell’arte stessa”.

Così scriveva Modigliani nel 1902, una frase che racchiude l’importanza del disegno per l’artista stesso...
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Tra le grandi mostre di pittori famosi che ho avuto la fortuna di vedere, fra quelle che mi hanno maggiormente colpita c'è proprio la mostra di AMEDEO MODIGLIANI che qualche anno fa ho potuto ammirare presso PALAZZO REALE A MILANO.

Personalmente l'arte di Modigliani non mi aveva particolarmente attirata, ma dopo quella visita  devo dire che ho rivalutato l'opera di Modigliani.
Le sue figure così asciutte, quasi asettiche, in quel contesto emanavano un fascino particolare e  dietro ai quei volti, dietro a quegli occhi che sembrano tutti uguali, una singolare e sempre diversa luce li illuminava. Ogni volto era accompagnato da un'anima ...probabilmente l'anima che ha "arricchito" tutti qui dipinti era della sua amata Jeanne.
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BIOGRAFIA DI MODIGLIANI
(forse un pò lunga...ma vale la pensa, secondo me, di leggerla)

Nato in Toscana da una famiglia ebraica - quarto figlio del livornese Flaminio Modigliani e di sua moglie, francese di nascita, Eugénie Garsin - crebbe nella povertà, dopo che l'impresa di mezzadria in Sardegna del padre andò in bancarotta.




Fu anche afflitto da problemi di salute, dopo un attacco di febbre tifoide, avuto all'età di 14 anni, seguito dalla tubercolosi due anni dopo. La famiglia di Modigliani soffriva di una storia di depressioni, che colpì anche lui, e almeno alcuni dei suoi fratelli sembrarono aver ereditato la sua stessa vena testarda e indipendente. Nel 1898 il fratello maggiore ventiseienne, Giuseppe Emanuele, poi deputato del Partito Socialista Italiano venne condannato a sei mesi di carcere.



(a sin.casa natale di Modigliani a Livorno)



Di salute assai cagionevole (cadrà più volte malato di polmonite, che infine si convertirà in tubercolosi), Modì sin da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti; e, durante un violento attacco della malattia, sarebbe riuscito a strappare alla madre la promessa di poter andare a lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno dei pittori più in vista di Livorno, da cui apprenderà le prime nozioni pittoriche, e dove conoscerà, nel 1898, il grande Giovanni Fattori. Modigliani sarà così influenzato dal movimento dei Macchiaioli, in particolare dal Fattori stesso e da Silvestro Lega.
autoritratto



Nel 1902, Amedeo Modigliani si iscrisse alla Scuola libera di Nudo di Firenze, e un anno dopo si spostò a Venezia, dove frequentò l'Istituto per le Belle Arti di Venezia. È a Venezia che Amedeo provò per la prima volta l'hashish e, piuttosto che studiare, iniziò a passare il tempo frequentando i quartieri più infimi della città. Nel 1906, Modigliani si sposta a Parigi, che all'epoca era il punto focale dell'avant-garde, dove sarebbe diventato l'epitome dell'artista tragico, creando una leggenda postuma, famosa quasi quanto quella di Vincent Van Gogh. Sistematosi a Le Bateau-Lavoir, una comune per artisti squattrinati di Montmartre, fu ben presto occupato dalla pittura, inizialmente influenzato dal lavoro di Henri de Toulouse-Lautrec, finché Paul Cézanne cambiò le sue idee. Sicché Modigliani sviluppò un suo stile unico, l'originalità di un genio creativo, che era contemporaneo dei cubisti, ma non faceva parte di tale movimento. Modigliani è famoso per il suo lavoro rapido: si dice completasse un ritratto in una o due sedute. Una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti. Eppure, coloro che posarono per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come farsi spogliare l'anima.

Nel 1909, Modigliani fece ritorno alla sua città natale, Livorno, malaticcio e logorato dal suo stile di vita dissoluto. Non restò in Italia a lungo, e fece presto ritorno a Parigi, questa volta affittando uno studio a Montparnasse.

Egli si era inizialmente pensato come scultore più che come pittore, e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d'arte, si interessò al suo lavoro e lo introdusse a Constantin Brancusi. Questi appaiono antichi, quasi egizi, piatti e che ricordano una maschera, con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti, e colli allungati. Anche se una serie di sculture di Modigliani venne esposta al Salone d'autunno del 1912, a causa delle polveri generate dalla scultura, la sua tubercolosi peggiorava; abbandonò quindi la scultura prima della pietra e poi anche del legno, e si concentrò unicamente sulla pittura.







Tra i suoi lavori si ricordano il ritratto del suo amico e forte bevitore Chaim Soutine, e i ritratti di molti dei suoi contemporanei che frequentavano Montparnasse, come Moise Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob, Blaise Cendrars, e Jean Cocteau. Suo più grande e fedele amico fu lo straordinario pittore Maurice Utrillo che visse gli stessi problemi di alcolismo che caratterizzarono la vita di Amedeo.


I NUDI









Il 3 dicembre 1917 si tenne alla Gallerie Berthe Weill la prima personale di Modigliani. Il capo della polizia di Parigi rimase scandalizzato dai nudi di Modigliani in vetrina, e lo costrinse a chiudere la mostra a poche ore dalla sua apertura. Quello stesso anno, Modigliani ricevette una lettera da una ex-amante, Simone Thirioux, una ragazza franco-canadese, che lo informò di essere di ritorno in Canada e di aver dato alla luce un suo figlio. Non riconobbe mai il figlio come suo, ma dopo essersi mosso a Nizza con la Hébuterne, questa rimase incinta, e il 29 novembre 1918 diede alla luce una bambina, che venne anch'essa battezzata Jeanne. Della Thirioux e del figlio, non si sono avute più notizie.


Mentre era a Nizza, un soggiorno organizzato da Léopold Zborowski per Modigliani, Tsuguharu Foujita e altri artisti, allo scopo di cercare di vendere i loro lavori ai ricchi turisti, Modigliani riuscì a vendere pochi quadri e solo per pochi franchi ciascuno. Nonostante ciò, mentre era lì produsse la gran parte dei dipinti che sarebbero infine diventati i suoi più popolari e di valore.


Durante la sua vita vendette numerose delle sue opere, ma mai per grosse somme di denaro. I finanziamenti che riceveva svanivano rapidamente in droghe e alcool. Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi dove, assieme a Jeanne e alla loro figlia, affittò un appartamento in Rue de la Grande Chaumière. Mentre vivevano li, sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l'uno dell'altro e di tutti e due assieme. Anche se continuò a dipingere, per quel periodo il suo stile di vita era giunto a richiedere il conto, e la salute di Modigliani si stava deteriorando rapidamente.


I suoi "blackout" alcolici divennero sempre più frequenti. Dopo che i suoi amici non ne ebbero notizia per diversi giorni, l'inquilino del piano sotto al suo controllò l'abitazione e trovò Modigliani delirante nel letto, attorniato da numerose scatolette di sardine aperte e bottiglie vuote, mentre si aggrappava a Jeanne, che era quasi al nono mese di gravidanza. Venne convocato un dottore, ma c'era ormai poco da fare, poiché Modigliani soffriva di meningite tubercolotica.


Dopo il delirio

Ricoverato all' Hospital dela Charitè, in preda al delirio e circondato dagli amici più stretti e dalla straziata Jeanne, morì all'alba del 24 gennaio 1920. Alla morte di Modigliani ci fu un grande funerale, cui parteciparono tutti i membri della comunità artistica di Montmartre e Montparnasse.


Jeanne Hébuterne, che era stata portata alla casa dei suoi genitori, si gettò da una finestra al quinto piano, un giorno dopo la morte di Amedeo, uccidendo con sé la creatura che portava in grembo.


(foto- Tomba di Amedeo Modigliani)
Modigliani venne sepolto nel cimitero di Père Lachaise nel primo pomeriggio del 27 gennaio.



Jeanne Hébuterne venne seppellita il giorno dopo al Cimetière de Bagneux, vicino a Parigi, e fu solo nel 1930 che la sua amareggiata famiglia (che l'aveva fatta seppellire furtivamente per evitare ulteriori "scandali") concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle di Modigliani.

La loro figlia di soli 20 mesi, Jeanne, venne adottata dalla sorella di Modigliani a Firenze.


Da adulta, avrebbe scritto una importante biografia di suo padre, intitolata: Modigliani senza leggenda. Jeanne morì nel 1984 a Parigi, proprio nei giorni in cui si discuteva sull'autenticità delle tre teste, cadendo da una scala in circostanze alquanto misteriose (qualcuno sospettò che fosse stata spinta, ma l'autopsia non fu fatta e le indagini furono sbrigative).

Oggi, Modigliani è considerato come uno dei più grandi artisti del XX secolo, e le sue opere sono esposte nei più grandi musei del mondo.


Le sue sculture raramente cambiano di mano, e i pochi dipinti che vengono venduti dai proprietari possono raccogliere anche più di 15 milioni di Euro.


Il suo "Nu couché" (Sur le côté gauche) venne venduto nel novembre del 2003 per 26.887.500 dollari.










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27 novembre 2009

Omaggio alla memoria di "CESARE GRECI"


CESARE GRECI

PITTORE, GRAFICO, POETA , PUBBLICISTA.
(scomparso il 19 settembre 2008 - aveva 64 anni)

era Presidente Generale dell'Accademia Internazionale "Greci-Marino", dell'Accademia del Verbano, che conta oltre 8000 associati in Italia, Europa, Americhe, Asia, Australia, Africa.




Vinzaglio tutta gli ha reso omaggio ad un anno dalla Sua scomparsa

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Sue opere si trovano nei musei d'arte moderna di Madrid, Stoccolma, New York, Roma, Mosca, Amsterdam, Gallarate, Jesi, Sassoferrato, presso l'Archivio Storico della Biennale di Venezia, le Biblioteche Nazionali di Firenze e Roma, la Biblioteca Comunale e l'Archivio di Arti Visive di Ancona ed in altre collezioni in Italia e all'estero.

Faceva parte di numerose e qualificate accademie ed era Presidente Generale dell'Accademia Internazionale "Greci-Marino", dell'Accademia del Verbano, che conta oltre 8000 associati in Italia, Europa, Americhe, Asia, Australia, Africa.

Era Rettore Generale dell'Ordine Accademico Internazionale "Greci-Marino"/Ordine del Verbano con oltre 4.000 iscritti in Italia ed in tutto il mondo.




Opere presenti presso le seguenti collezioni pubbliche:Museo Espanol de Arte Contemporanea, Madrid; Moderna Museet, Stoccolma; The Museum Modem An, New York; Galleria Civica d'Arte Moderna, Roma; Museo d'Arte Figurativa Puskin, Mosca; Archivio Storico della Biennale di Venezia, Venezia; Biblioteca Nazionale, Firenze; Biblioteca Nazionale, Roma; Museo d'Arte Moderna, Roma; Museo d'Arte Moderna, Amsterdam; Archivio Arti Visive, Assessorato Pubblica Istruzione, Ancona; Galleria Civica d'Arte Moderna, Gallarate; Galleria Civica d'Arte Moderna, Jesi; Galleria Civica d'Arte Moderna, Sassoferrato; Biblioteca Comunale di Ancona; Museo Comunale Salvi, Sassoferrato.

OPERA : STELLE MULTIPLE N. 2

Olio su pannello cm. 70x100

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ALCUNE SUE POESIE :



A DONATELLA


Forma incorporea
e pur presente,
viva nella voce
dolce
a volte un poco
sfumata di malinconia
o affatica dallo
stressante lavoro.

Conversazioni
sempre uguali,
nell'alternarsi
dei giorni e
delle stagioni
e nel passar degli anni.




STEFANIA


Mari di grano maturo
nei tuoi biondi capelli
e distese di infinito
nella luce dei tuoi occhi.
La tua voce che dice
e non dice,
musica di stelle che si
sfuma al sorger del sole.
Rosse labbra a ricordo
di esotici tramonti
nel risveglio di atavici
desideri.
Flessuoso corpo che
tra luci ed ombre
sussurra a chi lo guarda
parole d'amore in sogni
di paradisi lontani
.


MARINELLA


Uno sguardo,
un sorriso,
una parola;
in un suomno
rapido di passi.
Una vita libera
e sicura.
Risa gioiose
alternante
a cupe tristezze.
Nel ripetersi
di usuali gesti
scorrono giorni
sempre uguali.



GEORGIA


Nel guarda le
svanenti stelle
nell'albeggiante
cielo tra rosa
e azzurro penso
ad un nome che
ricorda terre lontane.


Esile immagine
che ti assenti in
fugaci e meditativi
momenti in ricerche
che si astraggono
dalla banalità
quotidiana.

Pensieri che
si sonfondono
con i sogni
accompagnati
da soffuse armonie.



QUANTO SONO LONTANO


Pensieri fuggenti verso
il cielo di instantanee di
femminile figura,
forme sfumate nella
lontananza dell'infinito
all'orizzonte
e nel balenio di
luce si riflette l'oro di
biondi capelli.
Giorni passati in rapido
scandir di ore
ed in fugaci ma indefiniti
ricordi di occhi e di
labbra sussurranti
nel silenzio parole
mai pronunciate.
Pensieri nell'attesa
del ritorno un poco
sfumati dall'intensa
calura di queste
giornate d'agosto.




ORE ESTIVE


Voci che a intermittenza
rompono il silenzio
in un'aria afosda
di un pomeriggio
di mezza estate.

Suovi ora vicini
ora lontani
indistinti nel
torpore della sonnolenza.

Sole immoto alto
nel cielo
in un'abbacinante luce,
che filtra tra
il fogliame degli alberi
e,dalle pesanti tende
in silenziose stampe.





Giudizio critico tratto da UN POETA PER PAGINA - Carello editore



L'elemento che accompagna le poesie di questa pagina è il sole come calore, gioia di vivere, luce, positività, solarità. Forse con l'unica eccezione di "A. DONATELLA" , tutto il resto è assolutamente solare. Ed è giusto utilizzare i versi per esprimere la positività del vivere; non è sempre autunno, non è sempre buio...

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...se mi permettete aggiungerei...ma il buio arriva...e per Cesare GRECI, è arrivato abbastanza presto...aveva 64 anni...

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LIBRI EDITI :




- PENSIERI IN FAVILLE DI LUCE - edizioni 2000 Antonio Carello Editore pagg 44
- SENTIMENTI,TERRA, SPAZIO - edizioni 2001 - idem...pagg. 46
- SENSAZIONI NEL TEMPO E NELLO SPAZIO - edizionii 2002 - idem....pagg 46
- PRESENZE - edizioni 2002 - Nicola Calabria Editore pagg. 48
- RICERCHE DI ISTANTI PERDUTI - edizioni 2003 - idem...pagg 48
- MEDITAZIONI IN RIVERBERI DI LUCE - edizioni 2004 - idem...pagg 51
- LUCI ED OMBRE DELLA MEMORIA - edizioni 2006 - idem...pagg 50
- INTRAMONTABILI SENSAZIONI D'AMORE - edizioni 2008 - idem...pagg. 49

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Tutti i volumi di cui sopra, il cui costo è tra i 5,00 ed i 7,00 euro possono essere acquistati presso la dott.ssa Giuseppina Greci (posso dare i riferimenti)
IL TOTALE ricavato sarà devoluto in beneficenza a favore dell'associazione AtionAid International www.actionaid.org. IN MEMORIA DELL'AUTORE CESARE GRECI e come da espressa dichiarazione ufficiale della dott.ssa Greci.

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Così mi scrive la dott.ssa Greci, figlia dell'artista Cesare Greci :





Gentile Sig.a Carla,


la delicatezza e la precisione che trapelano dal suo
omaggio a mio padre ribadisco sono il regalo più gradito che potesse farmi.
Posso solo dirle che mi ha provocato commozione.
E' bellissimo. Grazie.

Le
auguro buona giornata.

Dr.a Greci


21 novembre 2009

Mostra : ERNESTO TRECCANI







IL PITTORE DEGLI UMILI
L’artista deve ritrovare la libertà espressiva del disegno infantile e respingere la mercificazione dell’arte.


Questi i dictat di Ernesto Treccani, pittore milanese noto in tutto il mondo per le sue tele e per l’impegno civile a favore delle classi meno abbienti.


Sogna un mondo svincolato dalla schiavitù del denaro e che crede nel valore della cultura.

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Ho partecipato al vernissage tenutosi Sabato 21 novembre

presso la Fondazione ATTILIO GRANATA - FRANCO BRAGHIERI

DI IMBERSAGO - Vicolo Chiuso,n. 6


per l'apertura della MOSTRA


CAPOLAVORI STORICI

DI ERNESTO TRECCANI



LA MOSTRA RESTERA' APERTA DAL 21 NOVEMBRE


FINO AL 10 GENNAIO 2010



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a cura di Marina Pizziolo

La mostra , patrocinata dal comune di Imbersago, dalla Provincia di Lecco, dal Parco ADDA Nord, dall'Ecomuseo di Leonardo e dalla Pro Loco di Imbersago, raccoglie un'accuratissima selezione di opere storiche di Ernesto Treccani.


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I dipinti tutti assoluti capolavori, sono stata eseguiti tra il 1948 e 1994 e rappresentano momenti capitali dell'evoluzione poetica dell'artista.

Ernesto Treccani è uno degli ultimi protagonisti viventi dell'arte del novecento. E questa mostra, curata da Marina Pizziolo - che ha diretto per oltre dieci anni il Museo Treccani, a Milano e curato molte tra le più importanti rassegne dedicate a questo artista da musei e gallerie private, in Italia e all'estero - offre al pubblico possibilità di rileggere l'evoluzone dell'arte figurativa italiana, in un secolo che ha saputo rivoluzionare la nozione stessa di opera d'arte.

A vedere s'impara : si intitola così un saggio di Treccani. E il suo inesausto impegno di uomo e di artista ha sempre ubbidito alla convinzione profonda che l'uomo è sordo alla poesia, perchè vittima di un'organizzazione del tempo che lo vuole sordo ai richiami dell'anima. Sta all'artista levare il suo fragile scudo, tessuto di colore, contro il grigio della quotidianietà.


"Non toglietemi

i colori

il verde acido

il rosa antico

il violetto

la tua bocca

la tua mano."



Sono versi di Treccani, la coraggiosa preghiera di un uomo che ha capito che il quadro più bello è sempre quello ancora da dipingere.

Perchè la verità, la bellezza, la poesia un uomo può solo continuare a cercarle.Per tutta la vita.

La Fondazione Granata Braghieri e l'amministrazione comunale con questa mostra vogliono rendere omaggio a un grande artista che, come presidente onorario del premio MORLOTTI, ha un legame particolare con la vita culturale di Imbersago


Orario di apertura :

giovedi : 14,30 - 18,30, sabato e domenica : 10,00 - 12,00 / 14,30 - 18,30

Natale e Capodanno chiuso, altri su appuntamento.

per info telef. 339 4196641





BIOGRAFIA DI ERNESTO TRECCANI




Figlio del fondatore dell’omonima grande enciclopedia, il maestro Ernesto Treccani è nato a Milano il 26 Agosto 1920. È entrato giovanissimo, mentre ancora seguiva gli studi di ingegneria, nei gruppi di avanguardia artistica e di fronda nei confronti della cultura fascista.

Direttore della rivista Corrente, ha esposto per la prima volta come pittore alla Bottega di Corrente nel 1940 con gli amici Birolli, Guttuso, Migneco, Sassu e altri; nel 1943, ancora alla Galleria di Corrente e della Spiga, ha esposto un gruppo di opere con Cassinari e Morlotti.
Dopo la guerra e la resistenza, cui ha partecipato attivamente, è stato redattore, insieme a De Grada, De Micheli, Vittorini e altri, della rivista “Il 45”, poi animatore con Ajmone, Chighine, Francese e Testori, del gruppo “Pittura” e redattore della rivista “Realismo”.

La sua prima personale è del 1949 alla milanese Galleria del Milione, presentata da una monografia a cura di Duilio Morosini.

In quel periodo ha incominciato a recarsi e dipingere anche a Parigi, da allora significativo punto di riferimento per il suo lavoro.Nel 1950 ha partecipato con opere di bianco e nero alla Biennale di Venezia e successivamente, nel 1952 e 1956, con mostre personali di disegno e di pittura alla XVI e XVIII edizione.

Nello stesso 1956 ha preso parte alla mostra di realisti organizzata presso la Leicester Gallery di Londra e ha tenuto una personale alla Heller Gallery di New York.

La realtà contadina calabrese, conosciuta direttamente nei lunghi soggiorni a Melissa, e il paesaggio urbano industriale di Milano e di Parigi hanno costituito in quel periodo i temi fondamentali della sua pittura.

Sempre nel 1956 ha fatto parte di una delegazione culturale in Cina, viaggio che lo ha fortemente impressionato e dal quale ha riportato oltre un centinaio di disegni e acquarelli.
Tra i lavori degli anni Sessanta sono da ricordare le cinque grandi tele ispirate a “La luna e i falò” di Pavese (1962/63), il ciclo delle opere “Da Melissa a Valenza” (1964/65), i dipinti sul tema del giardino e delle siepi e la serie di acquarelli dedicata a un viaggio a Cuba.

Più tardi, nel 1976, la grande mostra a Volgograd, Mosca e Leningrado, organizzata dal Ministero della Cultura sovietico.

Negli ultimi decenni ha operato in luoghi diversi, sviluppando in molteplici direzioni la propria ricerca: dalla campagna emiliana alle regioni dell'Italia meridionale, dove ha lavorato a Potenza, Matera e Policoro, fino ai paesi contadini dell'Ucraina, attraversati sulle orme del romanzo di Babel in un viaggio fantastico, ispiratore della grande tela “Rosso cavaliere”, del 1977.
Nel 1978 Treccani ha dato vita alla Fondazione Corrente, con un programma mirante, oltre alla raccolta e allo studio di documenti, testimonianze e opere del periodo storico compreso tra la nascita del movimento di Corrente e gli anni del Realismo, all'organizzazione di incontri, dibattiti, seminari e mostre sui temi più attuali della cultura contemporanea.

Dagli anni 80 in poi, Nizza diviene uno dei luoghi dove Treccani si reca sovente a dipingere.

Con Parigi, Macugnaga e Forte dei Marmi, è tuttora uno dei luoghi abituali di soggiorno creativo. Alla metà degli anni ottanta risale poi una delle sue opere più importanti, “La casa delle rondini”, circa duemila formelle ceramiche che rivestono interamente la facciata della sede della Fondazione Corrente e della Collezione Studio Treccani, in via Carlo Porta a Milano.

Tra i lavori più significativi degli anni a cavallo del secolo troviamo anche i grandi cicli ispirati al Don Chisciotte di Cervantes e al Decamerone di Boccaccio, intese come testimonianza dell’intenso rapporto tra parola e immagine che è sempre stato aspetto costante della ricerca di Treccani.


alcune opere