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12 agosto 2009

Gita consigliabile : L'ABBAZIA DI PIONA


Vi propongo questa gita:

Visita all'Abbazia di Piona.


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(Per il pranzo si può sostare a Colico presso l'azienda agricola EL MERCANTE , si mangia benissimo (ma veramente bene e non si fanno desiderare con le porzioni) e si spende poco!
(antipasto-tris di primi(validi davvero- pizzoccheri, fettuccine casalinghe con castagne e noci - gnocchetti con speck e gorgonzola )-secondo con contorno( chi il filetto chi il fritto misto con patatine e verdura alla griglia) - dolce-caffè-lemoncello - vino e acqua a volontà) EURO 25.00
A 200 metri una piccola spiaggetta Vi può invitare al relax ed a un bagno per i temerari oppure una tintarella al sole del lago.La giornata la si può completare proseguendo verso le verdi colline rilassanti della Valsassina )

LA STORIAAi piedi dei monti Legnone e Legnoncino , sulla collina di Olgiasca, quasi al comunicare del lago di Como, sorge il monastero benedetino di Piona.

La prima fonte ci attesta che nel VII secolo d.C. in quel territorio esisteva una comunità monastica, probabilmente di impostazione eremitica, è il Cippo di Agrippino. Il Cippo prende il nome dal vescovo di Como che nel 617 fece erigere un oratorio a santa Giustina martire.

Verso la fine dell'XI secolo l'abbazia di Piona fu inserita nel movimento della riforma cluniacense che prevedeva il trasferimento dei monaci dalla casa madre Cluny alle abbazie in crisi per rivitalizzarle.

Durante il restauro del 1906 è venuto alla luce l'iscrizione di una epigrafe dalla quale si deduce che dopo l'adesione alla riforma cluniacense la chiesa fu consacrata (1138) alla Beata Vergine Maria. La chiesa è dedicata anche a san Nicola di Bari quale co-patrono, ma la data della dedicazione è incerta.

A partire dal XII secolo ci è pervenuta una documentazione che dimostra la vitalità, anche economica, dell'abbazia di Piona: nel corso del XIV secolo cominciano tuttavia ad affiorare i sintomi di una lenta decadenza dovuta al ridotto numero di monaci. L'aggravarsi dei debiti, fino ad arrivare al 1432 all'introduzione della Commenda.


La Commenda procurava una rendita vitalizia ad un titolare lontano il quale non si occupava né dell'amministrazione del monastero, né del mantenimento dei monaci. Questa istituzione aveva portato numerose abbazie della Penisola ad uno stato abbandono e miseria. A Piona la Commenda si protrasse per oltre III secoli. A partire dai primi anni del XIX secolo il complesso monastico è appartenuto a numerose famiglie per poi terminare nelle mani della famiglia Rocca. Il 25 settembre 1937 il Commendatore Pietro Rocca faceva donazione di tutta la tenuta di Piona alla congregazione cistercense di Casamaria al fine di eternare la memoria dei suoi congiunti, Cesare e Lidia, morti nell'eccidio del cantiere Grandrand in Etiopia. Prima di morire Pietro Rocca ha voluto vendere ai monaci anche una villa cinquecentesca così da restituirla, insieme con l'abbazia, alla originaria funzione di luogo di carità.



IL CHIOSTRO

Il chiostro, sempre quadrangolare, è il punto di riferimento di tutto il complesso monastico.

L'edilizia claustrale si ispira al peristilio della villa romana nell'intento di raccordare le parti dell'intero monastero.

Nel periodo della riforma cluniacense nascono in Europa numerosi monasteri che ricalcano il modello della casa madre Cluny.

Il chiostro è il luogo del silenzio, non quanto alla rinuncia della comunicazione interpersonale, ma perché è attraverso il silenzio che è possibile il dialogo con Dio. La struttura quadrangolare del chiostro evoca la forza simbolica del numero quattro: i quattro elementi dell'universo, i quattro punti cardinali, il disprezzo si se, il disprezzo del mondo, l'amore del prossimo l'amore di Dio. Al centro del chiostro la fonte e l'albero raffigurano la fonte delle delizie e l'albero della vita del paradiso terrestre..

Le due lapidi del 1252 e del 1257 si legge che il chiostro di Piona fu fatto costruire dal pittore Bonaccorso de Cnova da Gavedona. Gli archi a tutto sesto delle gallerie poggiano su capitelli compositi e sono marcati da ghiere in mattoni rossi.


LA CHIESA


La chiesa appare, in tutta la sua sobria eleganza, leggermente arretrata rispetto al lato occidentale del monastero cui si appoggia. Sulla facciata si apre la porta bronzea dello scultore Giuseppe Abram (1982); i due battenti sono ripartiti in sei riquadri rappresentanti la storia di san Benedetto tratti da "I DIALOGHI" di san Gregorio Magno. Sono di Abram anche le formelle che ritraggono le scene della "VIA CRUCIS" lungo le pareti interne della navata. Sulla facciata si apre una monofora, mentre una serie di arcatelle segue gli spioventi del tetto e prosegue lungo le pareti laterali, la cui superficie è scandita da monofore e sottili lesene. Anche nel sottotetto dell'abside si sviluppa l'ornamentazione delle arcatelle, e il perimetro semicircolare è alleggerito da tre piccole monofore.

E' evidente la discontinuità della tecnica di realizzazione sella muratura, tra la parte inferiore e quella superiore del perimetro esterno dell'abside. La stessa discontinuità nell'uso dei materiali la ritroviamo anche all'interno della chiesa, forse perché i lavori furono realizzati in tempi diversi.

A destra dell'abside si erge il campanile quadrangolare, un rifacimento del XVII secolo, la cui verticalità è rallentata da tre cornici marcapiani. Sui lati del campanile si susseguono con ritmo ascensionale e alterno oculi e feritoie fino alla cella campanaria che prende respiro da quattro fornici a tutto sesto.







Impossibile postare tutte le foto, ma Vi assicuro che vale dedicare una giornata a questo splendido luogo, dove si respira aria salutare del lago, ma anche misticità e silenzio per chi vuole dedicare parte del proprio tempo col proprio io .
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In una depandance separata dall'abbazia i monaci preparano infusi, liquori, tisane consigliate per ogni genere di disturbi. Coloro che amano curarsi con le erbe, qui possono trovare tutto ciò che desiderano.
Un consiglio?
acquistate LE GOCCE IMPERIALI :


Le Gocce imperiali sono un distillato d'erbe prodotte dai monaci (cistercensi) , monasteri cistercensi italiani, secondo un’antica ricetta probabilmente inventata da un frate di nome Eutimio tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800.

Oltre ad essere un efficacissimo digestivo possono essere utilizzate come dissetante, se sciolte in acqua, e per correggere bevande come caffè, tè e latte. Grazie alla loro elevata gradazione alcolica e alle proprietà benefiche delle erbe da cui sono prodotte possono venire anche utilizzate come disinfettante, collutorio per l'igiene orale e per liberare le vie respiratorie aspirandone gli effluvi.

Hanno una gradazione alcolica di 90° e un gusto di Anice. Ingredienti: alcool, acqua, erbe, aromi naturali e zafferano che conferisce il colore giallo che le contraddistingue.