GRAZIE PER ESSERE ARRIVATI QUI DA ME.
carla_colombo@libero.it - 349 5509930 - In questo mio spazio desidero condividere le mie opere pittoriche, le mie poesie, foto, viaggi, ricette, letture...ACCOMODATEVI!

Le mie opere im vendita su ARTLYNOW

Le mie opere  im vendita su ARTLYNOW
troverete particolari proposte artistiche- carla_colombo@libero.it

11 marzo 2016

Il caso Spotlight - film

HO visto il film...
Testo prelevato da:
Il caso Spotlight è il miglior film agli Oscar 2016 (vincitori)Di seguito vi riproponiamo la recensione del film, diretto da Tom McCarthy, scritta all'epoca dell'uscita in sala della pellicola. Oltre al premio come miglior film, Spotlight ha vinto anche l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale a opera dello stesso McCarthy e Josh Singer. 
Il caso Spotlight: recensione del film vincitore dell'Oscar 2016 (categoria miglior film)
Il caso Spotlight, o semplicemente Spotlight come da titolo originale. Si riferisce al nome del team di giornalisti d’inchiesta guidati  da Robby Robinson del quotidiano Boston Globe. Qualche mese prima dell’11 settembre del 2001, al giornale della cattolicissima Boston arriva un nuovo direttore: il silenzioso ma autorevole Marty Baron ( Liev Schreiber). Tra i primi atti del suo nuovo corso c’è quello di affidare al “team Spotlight” l’indagine su alcuni preti in città che hanno abusato di minori. Il team comincia a scavare e trova così una ragnatela oscura di insabbiamenti e connivenze…
L’inchiesta valse il Premio Pulitzer al giornale nel 2003, il regista Tom McCarthy oggi la porta al cinema firmando la sceneggiatura con Josh Singer , script che rimasto per un po’ nella “blacklist” cioè in quel gruppo di storie già scritte ma in attesa di produzione. Era solo questione di tempo ovviamente perchè una storia del genere diventasse racconto cinematografico. Una vicenda densa e grave, di alto impatto sociale. Ora corre agli Oscar 2016 per ben 6 statuette:miglior film, regia, attore e attrice non protagonista (Ruffalo e McAdams), sceneggiatura non originale e montaggio a cura di Tom McArdle.
Proprio negli anni in cui l’inchiesta di Spotlight prendeva forma tra le ultime rotative e gli archivi cartacei, il giornalismo comincia a fare la sua muta, quel cambiamento di pelle che oggi dà i suoi frutti alcuni freschi, altri meno. Al Boston Globe dell’epoca già si temeva la concorrenza “dell’ On Line” e, nel film, una grande pubblicità di un provider sovrasta l’edificio della redazione, come a dire: “stiamo arrivando”. Pure il giornalismo raccontato è cambiato: è diventato una serie tv bella come The Newsroom e passato per film importanti come Truth   che vedremo a Marzo in Italia ma già presentato al Festival di Roma. Eppure il giornalismo de Il caso Spotlight si incasella con sobria vivacità nel racconto di un giornalismo di un tempo fa.
Non è di certo un punto a sfavore se come mito cinefilo Spotlight fa riferimento magari a Tutti gli uomini del presidente di Pakula sul “Caso Watergate” con i giornalisti supereroi alla ricerca spasmodica della Verità. Sono una sorta di “avengers” terreni della oggettività, e un management editoriale che, nonostante tutto, li supporta. Con queste premesse McCarthy si fa narratore silenzioso di una vicenda che progredisce con incalzante interesse.
Nelle due ore di Spotlight veniamo trascinati lentamente ma inesorabilmente nel ragionamento di un’indagine, su come da un puntino sporco si scopre una macchia d’olio putrida di silenzi conniventi e scoperchiata pian piano da professionisti e da vittime che hanno deciso di arginare il dolore, spesso taciuto, della loro vita rovinata decidendo di parlare.
Con dialoghi sempre serrati che richiedono una precisa quantità d’attenzione dello spettatore,Spotlight ci porta fra i granelli dell’insabbiamento cercando di farci capire come alcuni uomini, di Chiesa e non, possano ragionare freddamente su determinate azioni abominevoli.
Spotlight procede per progressioni lineari, forse troppo piane, e senza storie private ma solo professionali. Difatti ci sembra un po’ eccessiva la nomination alla regia quando più che altro a fare la differenza linguistica siano tre risorse: il montaggio, la sceneggiatura, le interpretazioni. Tutti gli attori, primari e conprimari, sono eccellenti. Da Michael Keaton terza volta nel ruolo di un cronista aRachel MacAdams, ma migliori tra i migliori sono Liev Schrieber che incide nonostante abbi spazi contingentati nella storia e soprattutto Mark Ruffalo, un attore splendido, coinvolgente nel suo personaggio sempre sbilenco nell’incedere, nel camminare, come se non riuscisse a contenere, nemmeno con la postura, la passione per il suo lavoro, la ricerca della verità.
Tutto questo non avrebbe il senso che prende senza il lavorio di sceneggiatura di Singer e McCarthy che è una gara sobria “a togliere”, ad affinare le parti riducendo al minimo scene madri e interventi sonori, a esclusione del finale tagliente e di un “montaggio-sequenza” sulle note di un canto di Natale che risulta particolarmente caustico nella tela di fatti e narrazioni tessuta dalla pellicola.
È vero che il soggetto di Spotlight è una storia interessante di per sè,  è già racconto d’impatto nei suoi fatti e nelle sue concatenazioni. Ma il film “aggiunge togliendo” e ci restituisce un’esperienza di visione dura e potente. Drammatica perchè i fatti che narra sono reali ma anche importante perchè dimostra che esiste ancora un certo tipo di giornalismo che muove e smuove per il bene pubblico. Un giornalismo che ci permette di essere più consapevoli del mondo e di decidere meglio. E in questo caso è veicolato da un cinema di servizio che sa essere di impegno e di coinvolgimento.



Parere personale: Un argomento che già conosciamo ma che vale sempre la pena proporre e riproporre per rendere sempre più a conoscenza di questi abusi i che putroppo sono successi e che succedono tutt'oggi La chiesa non può far finta di prendere provvedimenti e non risolvere questo problema che ormai esiste da secoli. Non è mai troppo tardi!
l film è ben interpretato, veloce e senza sfronzoli. Forse avrei preferito all''interno dell'indagine qualche scena che riporti ai fatti successi (senza ovviamente cadere nei dettagli) 

Ma è solo un mio parere che conta poco, visto che il film ha ottenuto l'Oscar come appunto miglior film 


8 marzo 2016

8 marzo 2016 - Festa della donna

Cerchiamo di rendere davvero merito a questo giorno onorando  sempre la Donna per tutti i secondi, i minuti, i giorni, i mesi, gli anni..di tutta la vita!

Allora non dico "solo mimosa" ma dico "soprattutto mimosa" ma la mimosa solo  e semplicemente simbolo per trasmettere alla propria donna ed alle donne del mondo che c'è sempre un pensiero nell'onorarla  "anche" in questo giorno, il  primo pensiero di ogni mattina e di ogni sera prima di chiudere gli occhi in balìa di  Morfeo.

Oggi non è la cosidetta festa della donna, oggi è un  giorno come tanti per onorarla ed amarla  ancora meglio e di più,  ed è l'occasione ancora una volta di farlo.  

A U G U R I  AMICHE MIE ED AUGURI 
A TUTTE LE LETTRICI CHE PASSERANNO DI QUI

5 marzo 2016

Pioggia ... stavolta pioggia (o ci provo)

Prendo in prestito uno stralcio di un pensiero di Stephen Littleword da assegnare a questa mia ulteriore opera di questi giorni


"Non temere la pioggia che bagna, ma quella che porta la tristezza nel cuore.... (Stephen Littleword) - olio su tela - dim cm. 80x60 - anno 2016 

tutte le mie opere sul sito www.artecarla.it 




4 marzo 2016

Bambi ad Imbersago


E' ormai un sicuro appuntamento, tutte le volte che da Sabbione scendo a piedi /si

perchè è tutta discesa per poi tornare in salita/ ad Imbersago. Si stanno godendo il primo sole ma presto saranno immersi nel verde e si avvicineranno alla recinzioone e si lasceranno fotografare con degli splendidi primi piani - Lui il re e la regina, compagni indefessi di grandi e piccini !







foto di Carla Colombo



1 marzo 2016

Bucaneve in Brianza

Mi è rimasta quella voglia di cogliere i primi bucaneve. Noi bambine lo facevamo sempre nei pomeriggi primaverili, dopo aver finito i vari compiti che ci venivano propinati Ci si ritrovava in gruppo, ci si inoltrava verso la famosa "roggetta" e poi si faceva a gare a cogliere il mazzolino più grande. 
I bucaneve sono ormai decimati (chissà perchè?) ma qualcuno con orgoglio fa ancora bella mostra di sè. Con le dovute cautela, e stando attenda a non estirpare il bulbo, anche quest'anno mi sono procurata il mio bel mazzolino...(Pepe ha fatto il suo dovere stando bravo bravo ad annusare ed a guardarmi). Mi chiedo..ma come mai non si vedono più i bambini fra i campi?











foto di Carla Colombo


29 febbraio 2016

La masseria delle allodole- film dei fratelli Taviani

IL GRANDE MALE è un progetto dedicato al genocidio del popolo armeno, organizzato dai vari comuni della zona, ed anche il mio comune Imbersago, partecipa al progetto.

Breve percorso di conoscenza e riflessione sulla storia del popolo armeno ad un secolo da suo genocidio.

Il primo incontro è avvenuto il 24 febbraio presso la mediateca di Imbersago con la proiezione del film "LA MASSERIA DELLE ALLODOLE" dei fratelli Taviani. 

Qui sotto il film prelevato da you tube...se volete... BUONA VISIONE






DA WIKIPEDIA

La masseria delle allodole è il 18° film diretto dai fratelli Taviani, tratto dall'omonimo romanzo di Antonia Arslan.
Narra le vicende di una famiglia armena dell'Anatolia all'epoca del genocidio armeno (1915).
Il film è uscito nelle sale italiane il 4 maggio 2007.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

È il 1915. In una cittadina della Turchia vive la benestante famiglia armena degli Avakian. Alla morte dell'anziano capofamiglia, vengono invitati alle esequie anche alcuni Turchi, tra cui il colonnello Arkan, capo della guarnigione locale, nella speranza che i passati contrasti tra Turchi e Armeni siano ormai superati, e che si possa instaurare un rapporto di rispetto reciproco tra le due comunità. I funerali sono così l'occasione per la bella armena Nunik di rivedere il suo amato, l'ufficiale turco Egon. Quest'ultimo, pur appartenendo all'organizzazione dei Giovani Turchi, non ne condivide le posizioni anti-armene, e progetta di fuggire all'estero con Nunik.
Intanto Assadur, il figlio maggiore del patriarca, che da molti anni vive a Padova e a cui il padre aveva vietato di tornare in patria, apprende che quest'ultimo ha comunque lasciato a lui la vecchia Masseria delle Allodole. Assadur decide che è venuto il momento di tornare in Anatolia e riunire di nuovo tutta la famiglia. La masseria viene così rimessa a nuovo, e inaugurata con una splendida festa, mentre Assadur inizia i preparativi per il viaggio.
Questi momenti di felicità sono però bruscamente interrotti. Le autorità turche contattano il generale Arkan, dicendogli senza mezzi termini che è arrivato il momento di sbarazzarsi degli Armeni, una volta per tutte: tutti i maschi devono essere uccisi, le donne deportate. Arkan è inorridito, ma deve obbedire agli ordini. Spera tuttavia di salvare la vita perlomeno degli Avakian, ma i suoi ordini non vengono rispettati, e una squadra di soldati turchi si presenta alla masseria, massacrando tutti gli uomini. Alla notizia della strage, Assadur vorrebbe affrettare il ritorno per aiutare gli Armeni, ma la notizia dell'ingresso in guerra dell'Italia lo fa desistere. Intanto il tentativo di fuga di Egon e Nunik è scoperto, ed Egon viene spedito al fronte contro i Russi.
Sotto la stretta sorveglianza dei soldati turchi, inizia così per le donne armene una lunga ed estenuante marcia verso il deserto. Qui le donne armene vengono maltrattate sotto le porte di Aleppo finché non verranno uccise tutte. Durante la sosta sotto le mura Nunik, la nipote del patriarca morto all'inizio del film, tenta di prostituirsi ad un soldato (Yasuf) per avere del cibo per i bambini. Quest'ultimo la riveste e le dà del cibo per nulla in cambio, quindi si crea un rapporto tra i due nel quale ci sarà la promessa del soldato che in casi estremi avrebbe dovuto uccidere Nunik per evitarle la sofferenza della tortura di cui lei aveva paura. Terrà questa promessa quando lei tenterà di scappare e verrà fermata e per non finire al rogo, verrà quindi decapitata da Yasuf. Quattro anni dopo, la guerra finisce e lui stesso denuncia se stesso per quest'atto cruento durante un processo.