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16 agosto 2019

#castellarquato #borgo #gita

Un ferragosto all'insegna di visita di borghi italiani ed una valida cucina piacentina.
E come allora non vedere il borgo medioevale di

CASTELL'ARQUATO?

Benvenuti dunque a Castell'Arquato bellissimo borgo medioevale e città d'arte. Strategicamente situato sulle prime alture della Val D’Arda, il borgo medioevale e’ arroccato lungo la collina, e domina il passaggio. 
Dista a circa trenta chilometri dal capoluogo Piacenza e poco di più da Parma. 
Il centro storico si é sviluppato sulla riva sinistra del torrente Arda. 
Il borgo è costruito secondo la struttura dei borghi medioevali e non ha subito negli anni modifiche degne di nota. 
Un borgo in cui cultura, storia, ricchezze naturalistiche e gastronomia si fondono in una armonia perfetta. 
Numerosi eventi che si svolgono nel paese e nei territori vicini sono un attrattiva imperdibile.

ALCUNI MIEI SCATTI IN UNA SPLENDIDA GIORNATA DI SOLE 

Collegiata di Castell'Arquato






















DA WIKIPEDIA
L'origine presunta della chiesa di S.Maria è, secondo il Campi, il 758. Dopo il terremoto del 1117 essa fu ricostruita e consacrata nel 1122. La chiesa si presenta a tre navate, con copertura a capriate,un accesso frontale mediano in facciata ed uno sul lato nord circa al centro di quel fianco. La lunghezza è di m. e la larghezza è di 15m., le colonne sono sette per parte, costruite in pietra arenaria e aventi un metro di diametro.

La torre campanaria, datata XIII sec., è eretta sulla navata inferiore di sinistra, subito dopo la campata prima dell'abside e non fa parte del progetto originario. Nel 1293 sorge, di fronte al fianco nord della chiesa, il palazzo Pretorio decentrato così il punto di gravità del sistema urbanistico dalla piazzetta antistante la facciata della chiesa, al lato nord di quest'ultima.
Le manomissioni più incisive avvengono durante il '700, secondo gli scritti di E.Fava, in cui asserisce che l'interno della chiesa era completamente intonacato come anche i capitelli e le colonne; le monofore furono sostituite da comuni finestroni rettangolari; il tetto a capriate venne nascoto da una volta incorniciata di stucchi. Nel 1730 per ordine dell'arciprete C.Rugarli, viene abbattuto il muro perimetrale di sinistra per costruirvi tre cappelle.
Verso la prima metà del '900 l'edificio ecclesiastico subisce notevoli restauri, dovuti all'interessamento dell'arciprete E. Cagnoni.
Nel 1899 si scoprono gli affreschi quattrocenteschi della cappella di S.Caterina. Nel 1911,1912 e 1913, vengono ricostruite la loggetta di S.Giovanni e la quarta absidiola contenente una vasca ad immersione dell'VIII sec. Nel 1917-1919 furono inoltre ripristinate all'esterno le absidi minori.
Negli stessi anni fu anche modificata la facciata principale, chiudendo una finestra sul lato sinistro e sostituendo il rosone preesistente con una bifora. Nel 1923 furono rifatti alcuni archi di sostegno e nel 1927 furono restaurate le finestre del coro. Nel 1935 venne infine rimesso in luce l'originale soffitto a capriate che era coperto dalla volta settecentesca. La cappella dedicata a S.Caterina d'Alessandria venne costruita ai primordi del '400.
I dipinti, di autore ignoto e sicuramente di scuola toscana, rappresentano: alle pareti l'intero ciclo della Passione di Gesù, al centro le esequie della vergine e la sua Gloria. Purtroppo all'inizio del 1700 la cappella, come tutta al chiesa, subì lo scempio dell'intonaco.
Nel 1899 un professore dell'Accademia di elle Arti del Brera scoprì le pitture e con il lavoro paziente ed abile di diversi anni le restaurò. 
La cappella di S.Giuseppe è stata costruita nel 1630, sull'area di una più antica cappella, per la cessata peste di manzoniana memoria. 
E' dedicata a S.giuseppe, Patrono del Borgo; in stile barocco a stucchi e dipinti illustranti, nella volta, la vita del Santo.
I quadri laterali, rappresentanti lo Sposalizio di Maria e la nascita del Bambin Gesù, sono opere del piacentino Giacomo Guidotti. La pala dell'Altare, la Sacra famiglia, del 1720 circa, è di un pittore romano il cui nome non è noto. 
SIa l'altare che la balaustra sono di marmi pregiati. Il chiostro fu costruito sul finire del XIII sec. o all'inizio del XVI sec. E' un affascinante mistico angolo d'arte.
Qui gli antichi canonici condussero, fino al XV secolo, una vita in comune. 

Il Palazzo del Podestà di Castell'Arquato








DA WIKIPEDIA 
Al 1292 risale l’erezione sul lato settentrionale della Piazza Monumentale del Palazzo del Podestà, che subì poi continue modifiche. [Magnificus dominus d. albertus Scotus placenti... castri arquati etc dominus generalis fecit facere hoc palacium tempore regiminis domini petri de spectinis dicti castri... valis arde pro prefato domino alberto anno domini MCCLXXXXII]-. Al nucleo centrale duecentesco si aggiunsero, verso la metà del 400, due corpi avanzati: la loggia dei "notari" e un'ala prospiciente la piazza. La scala esterna era già esistente alla fine del '200 ma ad essa furono aggiunti il parapetto e la corporatura. 


A tre piani, tutto in cotto, architettato a vaste profondi archi acuti, sormontato da una corona di merli a coda di rondine, finestre a sesto acuto illeggiadrite da fini merlettature e fregi anch'essi in cotto, lo sovrasta una torre a pianta pentagonale le cui pareti settentrionali accolgono due grandi orologi. Quello prospiciente la piazza era già presente nel 1630, dipinto dal Guidotti. All'interno è rimasta pressoché intatta la grande sala consigliare con il soffitto a cassettoni e la decorazione. Il Palazzo ebbe carattere polifunzionale: servì per il disbrigo delle attività amministrative e di giustizia; fu sede di edifici comunali ed attualmente è sede dell'Enoteca comunale nella loggia dei Notari. Attualmente il Palazzo del Podestà è sede anche della sala consiliare del Comune di Castell’Arquato, nella quale è esposto il dipinto di Malchiodi “Gli ultimi momenti di Torquato Tasso” (1905-06).









LA ROCCA (ED IL PANORAMA DALLA ROCCA) 



















 dA WIKIPEDIA

Il documento in latino medievale Pacte Roche Castri Arquati che descrive nei particolari le vicende che hanno dato vita alla splendida fortificazione che svetta sulla Valdarda. Il Registrum Magnum di Piacenza fissa l’inizio della sua costruzione al 1342, in piena dominazione di Luchino Visconti. La Rocca sorge sulle fondamenta del castrum quadratum romano (III secolo a.C.), più volte ricostruito e riadattato dai tempi delle invasioni galliche. Il complesso fu ultimato nel 1349, e Luchino Visconti morì proprio quell’anno. La torre più alta costituiva un importante punto di osservazione tra la Pianura Padana con Milano e le pendici degli Appennini che portano fino al mare. Nel XIV secolo nulla e nessuno poteva sfuggire all’occhio di chi scrutava verso la valle sottostante dall’alto della Rocca! Oggi restano la struttura perimetrale esterna e le quattro torri difensive (integra solo quella orientale). Vale la salita al dongione, all’interno del quale è allestito il Museo di vita medievale, passando per la ricostruzione del ponte sul profondo fossato, lo splendido panorama che da esso si può godere. Fu costruita nel 1342 sulle fondamenta di un fortilizio preesistente, per iniziativa del comune di Piacenza. Ne dà testimonianza un atto stipulato il 14 luglio tra il podestà di Piacenza e i maestri del muro Rainerio Secco. Cinque anni dopo, Luchino Visconti pose mano ancora alla costruzione della Rocca . A tale scopo comperò alcuni beni contigui alla Chiesa di S.Maria ed alcuni edifici privati Fece radere tutto al suolo e innalzò l'alta torre che ancora oggi domina il paese e la val d'Arda. L'edificio tutto in cotto comprende due parti collegate tra loro; una cinta inferiore rettangolare, più ampia, disposta su due gradoni e una minore disposta più in alto. 

I muri perimetrali presentano agli angoli quattro torri quadrate, merlate, di cui solo quella orientale è rimasta integrata. L'ingresso principale con ponte, una volta levatoio, che oltrepassa il profondo passato, è situato alla base dei grande mastio, mentre un altro ingresso, anch'esso con ponte levatoio, prospetta la solata. Il mastio contiene locali sovrapposti, messi in comunicazione tra loro da una scala in parte in legno e in parte in muratura che porta alla sommità dalla quale il visitatore può godere un fantastico ed impareggiabi-le panorama che va dalla pianura padana alle Alpi a nord, sino al crinale appenninico a sud, verso il mare. La Rocca fu costruita per scopi militari ed in epoca più recente fu anche carcere mandamentale. 
Oggi é visitabile ed é sede di allestimenti di cultura e storia medioevale

altre foto 










foto di Carla Colombo copyright 

26 luglio 2019

#parcominoprio #parco #fondazioneminoprio

durante la mostra dell'amico pittore Sergio Colombo presso Villa Raimondi  ho avuto modo di visitare il parco della Fondazione Minoprio. Vi posto alcune foto invitandoVi a farVi una passeggiata, soprattutto nei periodi primaverili.  
Cenni storici
La Fondazione Minoprio è un serbatoio naturale di circa 60 ettari di verde, a 25 chilometri da Milano e a 10 da Como. Il cuore della Fondazione è la Villa Raimondi. Realizzata nella seconda metà del Settecento e oggi sede degli uffici direzionali della Fondazione Minoprio, la villa presenta sulla facciata interventi ottocenteschi, alleggeriti dal timpano con stemma familiare e dalla loggia d'onore. Alcune sale del piano terra presentano affreschi e pavimenti a mosaico. Di grande suggestione l'ala che degrada verso il fiume Seveso e introduce al giardino botanico. 


Villa Raimondi è circondata da un vasto Parco botanico di sette ettari dove sono raccolte oltre trecento essenze arboree principali e circa 1600 arbusti e alberi minori. Il Parco botanico della Fondazione Minoprio testimonia il livello di preparazione degli allievi della Scuola di Floro Orto Frutticoltura, che da sempre lo accrescono e accudiscono.

Un tesoro immediatamente percepibile anche dal pubblico esterno che affluisce con punte di oltre 50 mila visitatori (grande pubblico e scolaresche) all'anno. Il Parco di Minoprio, che fra i suoi esemplari monumentali vanta una magnifica Magnolia Grandiflora, un Tiglio centenario e una bellissima Sophora Japonica Pendula, si presenta come un archivio naturale, una biblioteca vegetale aperta alla conoscenza diretta di studenti e appassionati che possono usufruire di visite guidate affidate a personale esperto. Si possono trovare oltre 100 varietà di azalee e rododendri, 130 varietà di camelie, più di 200 varietà di erbacee perenni, aceri giapponesi e piante da alberatura e da siepe, 70 conifere nane, tra specie e cultivar, 50 varietà di iris, 40 di peonie arbustive ed erbacee, 20 di ortensie, circa 70 di rose tappezzanti e arbustive, 14 specie e varietà di glicini, 25 specie e varietà di graminacee ornamentali. 

La Fondazione vanta inoltre un frutteto di oltre 20 ettari con collezioni di ''frutti antichi'', oltre 100 varietà di piante da frutto maggiori e minori (meli, peri, peschi, susini…) e 30 di piccoli frutti (mirtilli, lamponi, ribes, more).

Da segnalare le suggestive serre di collezione: la tropicale e il giardino mediterraneo che grazie alla loro esclusiva bellezza, offrono innumerevoli e suggestivi spazi utilizzabili per ambientare singolari scenari per telepromozioni, trasmissioni televisive, servizi di moda e cataloghi prodotti. 

In autunno è splendida la fioritura delle zucche. 



















foto di Carla Colombo copyright 


serra delle zucche.

24 luglio 2019

#fiorirecisi

II  tappa - Fiori recisi CASTELBUONO PA - CENTRO SUD

Fiori Recisi....dedicato a tutti i bambini vittime di violenza. 

L’Amministrazione Comunale in collaborazione con il Centro Polis, ha il piacere di invitare la cittadinanza alla presentazione della collettiva d’arte “Fiori Recisi 2019”, a cura del direttore artistico Mario Castellese, Presidente dell’Associazione Art Emotions for Soul di Mussolente (VI).
La mostra che si svolgerà dal 6 al 14 luglio al Centro Sud (Chiesa del SS. Crocifisso), rappresenta la seconda tappa di una collettiva d’arte contemporanea itinerante dedicata a tutti i bambini vittime di violenza. L’arte come strumento di sensibilizzazione sociale e veicolo di un importante messaggio: richiamare l’attenzione verso la delicata e attuale questione dei bambini vittime delle guerre e vari soprusi. Arte come arma che mira il bersaglio dell’indifferenza, cerca di dare volti reali ai bambini che hanno avuto la “sfortuna” nascere nei luoghi senza pace, far parlare di loro, farli essere non un numero nelle statistiche ma le persone con la loro identità.44 Artisti provenienti da diverse parti d’Italia hanno scelto di esserci e partecipare dando il loro contributo; lodevole presenza e di alcuni illustri ospiti che hanno speso un’intera vita per documentare e aiutare i bambini con l’infanzia recisa. Le opere dedicate a questa delicata tematica sono state realizzate in chiave positiva, dando luce al messaggio di speranza, rinascita e impegno civile.Il progetto ha visto la creazione di una grande installazione all’interno della quale sono esposte 172 opere 30×30 dedicate alle vittime. Sul retro di ogni opera, la descrizione.Alla collettiva si affiancheranno altri progetti collaterali. Al vernissage previsto per sabato 6 alle ore 18.30, sarà presente il cinereporter RAI Sebastiano Nino Fezza, che ha documentato 17 conflitti realizzando oltre 100 reportage in zone di crisi. Per giorno 14 è previsto il finissage con una performance-spettacolo di circa 40 minuti dal titolo “Fiori nel Fango” con KALSA COMPAGNIA, idea e coreografia GIOVANNI CILLUFFO interpreti SARA BIGHIGNOLI, BEATRICE BESOZZI, GIOVANNI CILLUFFO, voce recitante DANIELA COLAJANNI, musica originale dal vivo PIERO SCIASCIA, scenografia SARA AMORINO, progetto video PIERPAOLO PILLA, costumi EMPORIO CANTIERI.







LE MIE QUATTRO OPERE A SINISTRA