Se si costeggia il lago di Como sul lato Lecco, viene d'obbligo una visita presso il grazioso e piccolo centro di
CORENNO PLINIO
Molto suggestivo il piccolo centro si innesca fra piccole viuzze costeggiate da case quasi disabitate che portano direttamente nel piccolo porticciolo sul lago. Una piccola insenatura permette una sosta riposante ed un bagno ristoratore riparato da occhi indiscreti, anche perchè. come dicevo, il piccolo borgo è quasi sepre deserto. Quando lo visito provo sempre un certo fascino avvolgente ed il silenzio che si respira diventa una sensazione veramente piacevole.
Corenno Plinio, frazione del Comune di Dervio, si trova sulla sponda orientale del Lario ai piedi del monte Legnoncino, adagiato su una balsa rocciosa, in posizione dominante sul centro lago.
Fin dai primi documenti medioevali il borgo è denominato Corenno oCoreno: l’origine del toponimo è ignota, probabilmente celtica, anche se in passato gli Umanisti hanno voluto scorgere la radice greca corintum, pensando ai coloni greci inviati da Giulio Cesare sul lago.
Fin dai primi documenti medioevali il borgo è denominato Corenno oCoreno: l’origine del toponimo è ignota, probabilmente celtica, anche se in passato gli Umanisti hanno voluto scorgere la radice greca corintum, pensando ai coloni greci inviati da Giulio Cesare sul lago.
Il nome Plinio venne aggiunto solo nel 1863, dopo l’Unificazione d’Italia, per distinguerlo da altri comuni con lo stesso nome: le autorità locali scelsero di associare il nome Plinio perché si credeva che Plinio il giovane, funzionario dell’Impero Romano e scrittore nato a Como, vi avesse posseduto quella villa che “posta su una rupe dominava il lago”; i suoi palazzi sul lago si trovano in realtà più vicini a Como, probabilmente a Bellagio e a Lenno.
A Corenno è stata anche collegata una storia tragica, raccontata dallo stesso Plinio: il suicidio sul Lario di una coppia di cittadini romani che, disperati ed in preda alla vergogna per un male ignominioso dello sposo, si legarono e si gettarono assieme da uno scoglio.
A Corenno è stata anche collegata una storia tragica, raccontata dallo stesso Plinio: il suicidio sul Lario di una coppia di cittadini romani che, disperati ed in preda alla vergogna per un male ignominioso dello sposo, si legarono e si gettarono assieme da uno scoglio.
Per comprendere la struttura del borgo medioevale (la chiesa con gli affreschi, le arche, il castello-recinto con le torri, le scalogge e il vecchio molo), è importante fare alcune annotazioni sulla comunità degli abitanti (lavicinitas o la communitas), nata dopo il primo Millennio.
E’ fondamentale risalire a questo insieme di famiglie, affrancate dal giogo del feudatario, che decidono liberamente e autonomamente di organizzarsi e proteggere la propria identità sociale e culturale con la creazione di istituzioni e di norme raccolte nello Statuto comunale medioevale, giunto a noi nell’edizione del 1389.
A protezione e a difesa dell’identità sociale e fisica, costruiscono una fortificazione: in questo caso, il castello è una fortificazione comunitaria costruita per rifugiarvisi in caso di pericolo.
La comunità manifesta la propria identità nella fede religiosa erigendo la chiesa, che è il fulcro delle celebrazioni delle f
E’ fondamentale risalire a questo insieme di famiglie, affrancate dal giogo del feudatario, che decidono liberamente e autonomamente di organizzarsi e proteggere la propria identità sociale e culturale con la creazione di istituzioni e di norme raccolte nello Statuto comunale medioevale, giunto a noi nell’edizione del 1389.
A protezione e a difesa dell’identità sociale e fisica, costruiscono una fortificazione: in questo caso, il castello è una fortificazione comunitaria costruita per rifugiarvisi in caso di pericolo.
La comunità manifesta la propria identità nella fede religiosa erigendo la chiesa, che è il fulcro delle celebrazioni delle f
La chiesa parrocchiale, dedicata a san Tommaso di Canterbury, sorge lungo una via di comunicazione importante che collega Lecco con Colico attraverso la Valsassina e da Colico portava sia in Valtellina sia nei Grigioni attraverso i passi sopra Chiavenna. Si trova vicino al castello-fortificazione e quindi era probabilmente in origine una chiesa castellana come quelle di sant’Antonio abate vicino al castello di Vezio e san Leonardo vicino al castello di Orezia a Dervio, per questo motivo comunicava con la fortezza nella parte settentrionale.
Accanto al castello si era stabilita la famiglia dei conti Andreani a cui era stato infeudato il territorio, che divennero i mecenati di Corenno come succedeva nei grossi comuni di quell’epoca. Essi esercitarono un diritto di juspatronato sulla chiesa e quindi intervennero sull’evoluzione edificatoria e artistica. Il loro stemma è riprodotto a rilievo sul fronte marmoreo delle loro tombe e si ritrova ripreso su alcuni oggetti liturgici. In modo particolare è presente sopra l’affresco cinquecentesco della “Madonna in trono” sul lato meridionale. Il committente di questo affresco eseguito nell’anno 1538 è appunto Sigismondo Andreani, definito “fisicus”. Si ricorda anche un Giovanni degli Andreani “fisicus” che nel 1487 si era trasferito a Bellano.La chiesa fu edificata alla fine del XII secolo, negli anni immediatamente successivi alla morte e alla canonizzazione di san Tommaso. Il santo venne assassinato nel 1170 nella cattedrale di Canterbury dai sicari di Enrico II d’Inghilterra perché fedele al papato si opponeva alle sue ingerenze nella gestione della Chiesa locale.
Il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, verso il 1290 menziona una chiesa nella pieve di Dervio dedicata a San Tommaso martire morto da pochi anni. (In plebe derui, loco cortono, ecclesia sancti thome martyris). In origine la piccola chiesa legata alla famiglia del feudatario come cappella privata era anche destinata a funzioni funebri o a pratiche di devozione popolare. Le messe e i battesimi della comunità erano invece celebrati nella chiesa prepositurale di Dervio. A partire dal 1327 divenne una chiesa effettiva con un proprio cappellano, sempre legato alla famiglia Andreani. La chiesa fu riconsacrata il 3 novembre 1355.
Nel 1566 l’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, nel suo progetto di riforma della chiesa ambrosiana, la trasformò in parrocchia autonoma slegandola da quella di Dervio e nominò un curato residente.
Accanto al castello si era stabilita la famiglia dei conti Andreani a cui era stato infeudato il territorio, che divennero i mecenati di Corenno come succedeva nei grossi comuni di quell’epoca. Essi esercitarono un diritto di juspatronato sulla chiesa e quindi intervennero sull’evoluzione edificatoria e artistica. Il loro stemma è riprodotto a rilievo sul fronte marmoreo delle loro tombe e si ritrova ripreso su alcuni oggetti liturgici. In modo particolare è presente sopra l’affresco cinquecentesco della “Madonna in trono” sul lato meridionale. Il committente di questo affresco eseguito nell’anno 1538 è appunto Sigismondo Andreani, definito “fisicus”. Si ricorda anche un Giovanni degli Andreani “fisicus” che nel 1487 si era trasferito a Bellano.La chiesa fu edificata alla fine del XII secolo, negli anni immediatamente successivi alla morte e alla canonizzazione di san Tommaso. Il santo venne assassinato nel 1170 nella cattedrale di Canterbury dai sicari di Enrico II d’Inghilterra perché fedele al papato si opponeva alle sue ingerenze nella gestione della Chiesa locale.
Il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, verso il 1290 menziona una chiesa nella pieve di Dervio dedicata a San Tommaso martire morto da pochi anni. (In plebe derui, loco cortono, ecclesia sancti thome martyris). In origine la piccola chiesa legata alla famiglia del feudatario come cappella privata era anche destinata a funzioni funebri o a pratiche di devozione popolare. Le messe e i battesimi della comunità erano invece celebrati nella chiesa prepositurale di Dervio. A partire dal 1327 divenne una chiesa effettiva con un proprio cappellano, sempre legato alla famiglia Andreani. La chiesa fu riconsacrata il 3 novembre 1355.
Nel 1566 l’arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, nel suo progetto di riforma della chiesa ambrosiana, la trasformò in parrocchia autonoma slegandola da quella di Dervio e nominò un curato residente.
La chiesa è correttamente orientata verso est, il luogo dove sorge il sole; guadando l’altare, si ha alla sinistra il nord, ritenuto dai latini il luogo degli infedeli, verso dove si annunciava il Vangelo durante la messa prima della riforma liturgica del Vaticano II. In uno sguardo d’insieme non appare la sua antichità perché in essa si sono effettuati interventi di ristrutturazione molto rilevanti. Di origine romanica, venne ristrutturata in epoca gotica e gradualmente perse le sue caratteristiche essenziali romaniche negli elementi importanti: la facciata, la controfacciata, il presbiterio, l’abside e il campanile.
La facciata della chiesa a capanna è stata più volte manomessa, attualmente presenta un portale costruito nel 1698. Il corpo principale della navata ha conservato l’impianto originario, ma gli affreschi che si possono ammirare oggi furono nascosti per secoli a partire dal Cinquecento. Infatti, seguendo indicazioni di san Carlo Borromeo, le pareti furono più volte imbiancate come mezzo di disinfezione in periodi di pestilenza. Va rilevato che una modesta traccia dell’originaria immorsatura absidale si è conservata, presso la congiunzione con la parete laterale settentrionale, come indica anche chiaramente l’affresco dell’Epifania, che tende a curvarsi in una significativa inclinazione, prima di scomparire dietro la lesena che regge la ricaduta dell’attuale arco trionfale. È probabile che l’ampio presbiterio tardo barocco racchiuda, all’interno della sua pianta, il disegno semicircolare di un’abside romana
Tra Settecento e Ottocento la chiesa subì altri interventi: nel 1703 si ricavò una cappella laterale dedicata a san Giuseppe e un’altra dedicata alla Madonna. Quest’ultima è di stile barocco, con altare a colonne tortili in marmo nero di Varenna. Nel 1711 si eresse l’attuale campanile e si ampliò l’abside. Tra la fine Settecento e il primo Ottocento si realizzò l’altare.
Probabilmente all’origine era stata ricavata anche una cripta per la conservazione delle reliquie. Della primitiva costruzione romanica ora si possono ammirare soltanto due belle monofore nella parete verso sud; altre serie di monofore sono scomparse già in epoca gotica.
Nel 1966 un’importante opera di restauro ha portato alla luce parte degli affreschi votivi dipinti sulle pareti tra il Trecento e il Cinquecento.
Roberto Pozzi
foto di Carla Colombo